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Come orientarsi nella scelta del pesce durante la settimana?

Data 05 settembre
2022
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8 min
#organizzazionepasti #mangiaSmart

Col termine pesce si fa riferimento ad una ampia varietà di alimenti che possiedono caratteristiche nutrizionali anche piuttosto diverse tra loro, accomunati da un buon contenuto di proteine di elevato valore biologico. Si consiglia di consumarne dalle 3 alle 5 porzioni alla settimana, ma, considerate le differenze nutrizionali tra le varie tipologie, è bene privilegiarne alcune varietà rispetto ad altre.

Come orientarsi nella scelta del pesce durante la settimana?

Il pesce è un alimento tipico della dieta mediterranea e da sempre rappresenta un’importante fonte di nutrienti per le popolazioni che vivono lungo le coste. Con il passare del tempo e lo sviluppo di moderne tecniche di conservazione, il pesce è diventato sempre più presente sulle tavole degli italiani, anche di coloro che non abitano in zone di mare.

Sul piano nutrizionale, il pesce è un’ottima fonte di proteine nobili. Nonostante il contenuto proteico medio sia di poco inferiore a quello della carne, anche le proteine del pesce presentano tutti gli amminoacidi essenziali nelle giuste proporzioni e, per questo, sono considerate di elevato valore biologico.Il contenuto di lipidi, invece, è piuttosto variabile a seconda della tipologia di pesce considerata: alcune specie, come merluzzo, palombo e sogliola, apportano percentuali di lipidi molto basse (tra lo 0,3 e l’1,7%), mentre altre, come salmone e tonno, sono decisamente più ricche di grassi (tra gli 8 e i 12 g di lipidi per 100 g di prodotto). Ci sono poi alcune varietà di pesci che presentano caratteristiche nutrizionali del tutto peculiari.

La denominazione pesce azzurro comprende al suo interno numerose specie, in alcuni casi, anche molto differenti tra di loro. Tutte, però, hanno alcune caratteristiche in comune: si tratta di pesci di pezzatura medio-piccola, colorazione del dorso dal blu scuro al bianco ghiaccio e con determinate proprietà nutrizionali. I principali sono alice o acciuga, sarda, sgombro, aringa e aguglia. Il pesce azzurro si distingue tra gli altri per il proprio profilo lipidico: povero di grassi saturi, infatti, è una fonte preziosa di acidi grassi polinsaturi (i cosiddetti “grassi buoni”), in particolare quelli della serie omega-3. Gli omega-3 fanno parte degli acidi grassi essenziali, in quanto l’organismo non è in grado di sintetizzarli in maniera autonoma e devono essere necessariamente assunti con la dieta; sono elementi importanti per lo sviluppo del sistema nervoso e per la prevenzione delle malattie del sistema cardiovascolare.

Oltre ad essere una buona fonte di proteine e grassi salutari, il pesce azzurro è ricco di vitamine e minerali. Tra le vitamine spiccano quelle del gruppo B e le liposolubili A e D. Infine, i pesci che possono essere mangiati interi, come le alici, sono una buona fonte di calcio; una porzione, infatti, copre circa il 22% del fabbisogno giornaliero di questo minerale.

I molluschi sono specie ittiche prive di scheletro cioè invertebrati: significa che non sono dotati né di lisca né di carapace, presente invece nei crostacei. Tuttavia, i principali frutti di mare (cozze, vongole, ostriche e lumache) sono protetti da una conchiglia; altri molluschi, invece, come polpi, totani, seppie e calamari, si contraddistinguono per la presenza di tentacoli, fondamentali per il movimento agile nei mari. Rispetto alle altre specie ittiche, a parità di peso, presentano una quantità minore di proteine e sono, inoltre, poveri di grassi, per lo più rappresentati dai polinsaturi.

I molluschi sono anche fonte di micronutrienti. Per esempio, una porzione di vongole copre totalmente il fabbisogno di vitamina B12 e il 40% di quello di vitamina D. Notevole, inoltre, è il contenuto di iodio, fondamentale per il corretto funzionamento della tiroide, ma anche quello di sodio. Per questo motivo, quando si cucinano i molluschi, è bene evitare di aggiungere sale.

I crostacei appartengono al gruppo tassonomico degli artropodi. Animali prevalentemente acquatici, sono invertebrati e si proteggono dall’ambiente esterno grazie ad un rivestimento detto esoscheletro o carapace, rigido per la presenza di carbonato di calcio. I crostacei destinati all’alimentazione umana sono distribuiti in tre categorie: macruri (gamberi, gamberetti, aragoste, astici), brachiuri (granchi) e stomatopodi (cannocchia o cicala). Nonostante le diverse caratteristiche morfologiche, dal punto di vista nutrizionale sono molto simili tra di loro.

Anche se in percentuali molto ridotte rispetto al pesce azzurro, i crostacei presentano EPA e DHA, acidi grassi essenziali a lunga catena della serie omega-3 che aiutano a salvaguardare il sistema cardiovascolare. I livelli di colesterolo sono relativamente alti, ma, dal momento che non vi è una stretta relazione tra il consumo di colesterolo alimentare e l’incremento della colesterolemia, non c’è ragione di evitare il consumo di crostacei, nell’ambito di una dieta nel complesso sana ed equilibrata. Infine, nei crostacei sono presenti vitamine, principalmente quelle del gruppo B, e minerali come selenio, iodio, zinco, fosforo e magnesio. Una porzione di gamberi, per esempio, copre quasi la totalità del fabbisogno giornaliero di selenio. Dato il loro contenuto di sodio, durante la cottura non è necessario aggiungere il sale.

Le uova e i crostacei sono da evitare per via del colesterolo?

Porzioni e frequenze settimanali

Secondo i LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana), pubblicati dalla Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) nel 2014, la porzione di pesce fresco o surgelato, consigliata per un adulto, è di 150 g, che corrispondono a un filetto medio, un piccolo pesce intero tipo sgombro, 20 gamberetti o 25 cozze. Può essere consumato dalle 3 alle 5 volte alla settimana. Se si desidera, è possibile sostituire una di queste porzioni settimanali con del pesce conservato, nella quantità di 50 g, pari a una scatoletta piccola di tonno (acciughe, sgombro, sardine) o a 4-5 fette di salmone affumicato. In questo caso, sono necessarie alcune piccole accortezze per garantirsi un pasto salutare. Ciò a cui si deve prestare attenzione è il contenuto di sale (particolarmente elevato soprattutto nei vasetti di vongole o nel salmone affumicato) e il tipo di condimento, preferendo i prodotti conservati in olio extra vergine d’oliva o al naturale.

PESCE: a quanto equivale una porzione? Fonti PROTEICHE: come variarle nella settimana?

Quali sono le tipologie di pesce da prediligere?

Come per gli altri alimenti, anche per il consumo di pesce, la parola d’ordine è “varietà”, ma con alcune distinzioni: i pesci di grossa taglia come tonno, salmone, pesce spada e palamita accumulano più mercurio rispetto ai più piccoli. Questo è emerso da diversi studi che hanno riscontrato, inoltre, che nei pesci di piccola taglia, come spigola, sgombro, acciuga, sardina, orata, triglia e sugarello, e in quelli pescati in acque meno profonde, se ne trova un contenuto nettamente inferiore.

Il metilmercurio è particolarmente pericoloso per il sistema nervoso in fase di sviluppo del feto, per le donne in età fertile, in gravidanza e che allattano. Pertanto, soprattutto in questi casi, è bene non superare una porzione a settimana di pesce di maggior taglia e preferire pesce azzurro, ideale anche per le eccellenti proprietà nutrizionali, altri pesci di taglia medio-piccola, molluschi e crostacei. Grazie a scelte consapevoli, quindi, orientate verso una maggiore varietà, è possibile tenere sotto controllo il rischio di intossicazione da mercurio e beneficiare, al tempo stesso, degli importanti nutrienti presenti nel pesce.

Pesce d’allevamento o pescato: ci sono differenze?

Buona parte del pesce che acquistiamo proviene da acquacoltura. È sempre più diffusa, però, l’idea che i mangimi utilizzati per l’allevamento potrebbero derivare da risorse non ecosostenibili e contenere contaminanti indesiderati che riducono i benefici nutrizionali del pesce. In realtà, a condizionare i livelli di nutrienti e i potenziali inquinanti presenti nei prodotti ittici, sono molteplici fattori, quali la specie, la stagione, la dieta, la localizzazione geografica e lo stadio del ciclo vitale.  

Il controllo del mangime, per il pesce allevato, consente di gestire la quantità dei nutrienti e dei contaminanti, mentre per il pesce pescato risultano determinanti, in tal senso, l’ambiente in cui cresce e il livello di inquinamento delle aree in cui viene pescato. In relazione al profilo lipidico, invece, Il pesce allevato generalmente contiene più grassi del pesce pescato e presenta un quantitativo assoluto maggiore di omega-3. Se si calcola, invece, il contenuto di omega-3 in proporzione ai grassi totali, sembra che il pesce allevato ne contenga meno. Anche in questo caso, dunque, è proprio la varietà nella scelta di specie ittiche diverse, sia d’allevamento che non, a garantire al nostro organismo il migliore apporto di nutrienti essenziali, riducendo al minimo eventuali rischi correlati al consumo di pesce.

È sicuro consumare il pesce crudo?

Oggi è sempre più diffuso in Italia il consumo di pesce crudo. Per salvaguardare la salute dei consumatori, esiste una normativa europea che obbliga i ristoratori a congelare a – 20°C per almeno 24 ore tutto il pesce che viene servito crudo o non completamente cotto; mentre per il consumo domestico sono necessarie almeno 96 ore nel congelatore a – 18°C. Questo garantisce la salubrità del prodotto, che altrimenti potrebbe subire una contaminazione da parte di alcuni microrganismi o parassiti potenzialmente pericolosi, come l’Anisakis.

Quali sono i migliori metodi per cucinare il pesce?

Il pesce è uno degli alimenti più rappresentativi della cucina italiana e viene tradizionalmente cucinato in molti modi diversi. Non tutti i metodi di cottura, però, sono equivalenti e ciascuno influenza in maniera differente la qualità nutrizionale dell’alimento. Quali sono, quindi, le strategie di cottura più indicate per il pesce, che consentano di mantenere il più possibile intatte le sue ottime proprietà nutrizionali

Un metodo efficace è sicuramente la cottura a vapore, in cui gli alimenti vengono cotti immersi nel vapore che si genera dal riscaldamento di un liquido sottostante con cui non sono in contatto. Questa tecnica è estremamente vantaggiosa, in quanto non comporta significative perdite di nutrienti, pur mantenendo inalterati sapore e consistenza. La cottura a vapore richiede tempi più lunghi rispetto alla bollitura, per ridurli è consigliabile tagliare il pesce in piccoli pezzi.

Per mantenere inalterato il contenuto di omega-3, il pesce può essere scottato sulla piastra per una decina di minuti al massimo. Importante, in questo caso, è evitare di bruciacchiare l’alimento per scongiurare la formazione di composti potenzialmente nocivi per la salute.

Infine, un metodo molto semplice, ma garanzia di un prodotto finale saporito e leggero, è la cottura al cartoccio. Con questa tecnica i nutrienti restano nei succhi di cottura, limitando di molto una loro potenziale perdita. In particolare è minima la riduzione del contenuto di omega-3, che vengono mantenuti in buona percentuale anche con la tradizionale cottura al forno o al microonde.

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