Resta sempre aggiornato sulle buone abitudini da adottare per uno stile di vita salutare.

* campi obbligatori
*
*
*
*




I cibi fermentati hanno dei benefici per la salute?

Data 05 dicembre
2022
Tempo di lettura Tempo di lettura
5 min
#alimenti #nutrizione

I cibi fermentati sono parte della dieta dell’uomo sin dai tempi più antichi, ma negli ultimi anni hanno destato particolare interesse nel mondo scientifico per i loro potenziali effetti benefici sulla salute. Sembra, infatti, che alcune sostanze e microrganismi contenuti in questi alimenti siano in grado di interagire col microbiota intestinale. Ma cosa c’è di vero in tutto questo?

I cibi fermentati hanno dei benefici per la salute?

Con il termine cibi fermentati si fa riferimento ad alimenti e bevande prodotti attraverso la crescita controllata di microrganismi che trasformano alcune componenti dei cibi in altre sostanze, mediante l’azione di enzimi. La fermentazione è un processo conosciuto dall’uomo sin da tempi antichissimi (se ne trovano testimonianze risalenti anche al 7000 a.C.), per la sua capacità di prolungare il tempo di conservazione del cibo.

I processi di fermentazione

La fermentazione è un processo attraverso il quale alcune sostanze presenti negli alimenti sono convertite in alcol, anidride carbonica e/o acidi organici, prevalentemente in assenza di ossigeno. Dal punto di vista dei microrganismi, lo scopo della fermentazione è la produzione di energia ed essi sono in grado di adattarsi alle diverse condizioni di partenza, sviluppando processi differenti. Tra le tipologie di fermentazione più comuni e di maggiore importanza per la produzione di cibi e bevande troviamo la fermentazione lattica e la fermentazione alcolica.

La fermentazione lattica è alla base della produzione di tutti i latticini fermentati, come lo yogurt, ma anche di numerosissimi altri processi che coinvolgono alimenti di origine animale e vegetale. La fermentazione alcolica, invece, è indispensabile per esempio, per la produzione di vino, birra e alcuni superalcolici come la vodka e il rum. I composti di partenza (o substrati) di entrambi questi processi, sono gli zuccheri presenti negli alimenti: ad esempio il lattosio contenuto in latte e latticini o il glucosio derivante dalla digestione dell’amido nei vegetali. I prodotti delle due fermentazioni (acido lattico e alcol), oltre a modificare le proprietà sensoriali degli alimenti in cui si verificano, giocano un ruolo chiave nel prolungarne la conservabilità, inibendo la crescita di microrganismi dannosi o patogeni.

È importante sottolineare che, durante i processi di fermentazione, negli alimenti vengono rilasciati amminoacidi e peptidi bioattivi dalle proteine, e sono prodotte vitamine e altre sostanze dai potenziali effetti benefici per la salute, come gli acidi grassi a catena corta.

Quali sono i cibi fermentati più diffusi?

Stabilire quanti e quali cibi fermentati siano prodotti nel mondo è molto complesso; data l’antichità della loro origine, infatti, questi alimenti presentano innumerevoli varietà a livello locale, che differiscono tra loro per le proprietà nutrizionali e sensoriali e i metodi produttivi. I substrati di partenza possono appartenere a qualunque categoria di alimenti: cereali, frutta e verdura, legumi, ma anche latte, diverse tipologie di carne e pesce e bevande. Alcuni di questi prodotti, però, hanno raggiunto un maggior grado di diffusione e, ad oggi, sono consumati in molte parti del mondo. Eccone alcuni:

Il kefir è un prodotto originario dei monti del Caucaso. Si tratta di una bevanda a base di latte fermentato, di consistenza cremosa e lievemente effervescente. È ottenuto aggiungendo al latte uno specifico mix di lieviti e batteri che inducono la produzione di acido lattico, etanolo, anidride carbonica e altri composti che influenzano le proprietà sensoriali dell’alimento.

La Kombucha è una bevanda derivata dalla fermentazione del , le cui origini sembrano risalire al 220 a.C. nel Nord della Cina, e che si è successivamente diffusa in Russia e altre aree dell’Europa Orientale. Ad oggi, in commercio sono disponibili numerose bevande con la denominazione di “kombucha”, di cui però spesso non sono noti i processi produttivi né la composizione microbica. La kombucha tradizionale è ottenuta dalla fermentazione del tè nero, con l’aggiunta di zucchero bianco, da parte di una specifica combinazione di batteri e lieviti. La composizione finale della kombucha varia a seconda dell’esatto mix di microrganismi utilizzati, della concentrazione e della tipologia di tè e di zucchero, del tempo e della temperatura di fermentazione e delle modalità di conservazione.

I primi derivati fermentati della soia sono nati in Cina e in Giappone e si sono poi diffusi in molte aree dell’Asia e, successivamente, nel resto del mondo. Tra i numerosi prodotti presenti oggi in commercio, i più diffusi sono il tempeh e il miso. Il tempeh è un alimento della tradizione indonesiana, ottenuto dalla fermentazione dei semi di soia bolliti, ad opera di particolari specie di funghi. Il risultato è una mattonella morbida, con una consistenza elastica e un sapore che ricorda quello dei funghi. Il miso, invece, è una pasta cremosa di origine giapponese, derivata anch’essa dalla fermentazione dei semi di soia e utilizzata per produrre la tipica “zuppa di miso”.

Con l’espressione “a lievitazione naturale” si identifica il pane prodotto utilizzando il lievito madre (o pasta madre), un composto ottenuto dalla fermentazione della farina ad opera di batteri lattici e lieviti, provenienti sia dalla farina stessa che dall’ambiente circostante. Per produrre il lievito madre originario servono circa sette giorni, ed è necessario rifornire quotidianamente i microrganismi di nuova farina e acqua. Una volta che il lievito madre è pronto, una piccola porzione viene aggiunta agli ingredienti base per produrne altro. Il processo di fermentazione ad opera di batteri e lieviti, caratteristico del pane a lievitazione naturale, conferisce all’alimento particolari proprietà sul piano della consistenza, dell’aroma, dell’apporto nutrizionale e della conservabilità.

Gli alimenti fermentati hanno dei benefici per la salute?

Già dagli inizi del 1900 si è ipotizzato che i cibi fermentati avessero potenziali effetti benefici per la salute umana. In tempi più recenti, come possibili responsabili di questi benefici sono stati identificati i seguenti elementi: le proprietà nutrizionali degli stessi cibi fermentati, inclusi i composti bioattivi derivati dal processo di fermentazione; la capacità di alcuni nutrienti contenuti in questi alimenti di modulare la composizione del microbiota intestinale, inducendo la crescita di specifici microrganismi; la capacità dei microrganismi presenti nei cibi fermentati di sopravvivere al transito intestinale e diventare componenti del microbiota o competere con alcuni microrganismi ad effetto negativo per la salute.

Gli studi scientifici hanno chiaramente evidenziato che la fermentazione può incrementare la digeribilità di alcuni carboidrati complessi e proteine, che vengono convertiti dai microrganismi in zuccheri più semplici e amminoacidi. Inoltre, la fermentazione può indurre, in alcuni alimenti, delle trasformazioni che ne permettono il consumo anche da parte di individui intolleranti al prodotto originario. Un ottimo esempio è il caso dell’intolleranza al lattosio. Alcuni prodotti caseari fermentati, infatti, come molti formaggi stagionati, presentano livelli di lattosio trascurabili e possono quindi essere consumati senza problemi anche da individui intolleranti a tale zucchero. Questo è dovuto sia ad un’azione diretta dei microrganismi responsabili della fermentazione, che metabolizzano il lattosio, che all’attività dell’enzima lattasi, rilasciata nell’alimento dai batteri stessi.

Leggi anche “Intolleranza al lattosio: cos’è?”

Sebbene numerose ricerche abbiano mostrato che il consumo di alimenti fermentati sia in grado di modificare la composizione del microbiota, ad oggi sono necessari ulteriori studi per chiarire i meccanismi alla base di tale fenomeno.  Non è ancora possibile definire, infatti, se l’influenza sul microbiota intestinale sia data dall’effetto di alcuni nutrienti presenti in questi cibi, o dall’azione dei microrganismi in essi contenuti. Si è osservato, per esempio, che i processi di fermentazione possono incrementare la biodisponibilità di alcuni polifenoli, in grado di agire direttamente sul microbiota intestinale dell’uomo; inoltre, le fibre presenti in alcuni alimenti fermentati, sembrerebbero indurre la produzione da parte dei microrganismi, di acidi grassi a catena corta (SCFA), composti che, a loro volta, influenzerebbero positivamente la composizione del microbiota.

Leggi anche “Microbiota intestinale e alimentazione”

In conclusione, le evidenze rispetto ai benefici dei cibi fermentati sulla salute gastrointestinale sono molto limitate; questo si deve principalmente all’estrema variabilità che caratterizza questi alimenti, sia sul piano nutrizionale che per quanto concerne i metodi produttivi. Per alcuni cibi, in particolare il kefir, i risultati sinora ottenuti sono incoraggianti, ma è necessario che siano confermati da ulteriori studi. In ogni caso, i cibi fermentati, nelle giuste frequenze e porzioni, possono essere inseriti in una sana alimentazione; importante, al momento dell’acquisto, verificare sempre la lista degli ingredienti, per evitare di scegliere prodotti ricchi di sale e/o zuccheri aggiunti.