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La sindrome metabolica

È stato stimato che circa 1/4 della popolazione mondiale (più di 1 miliardo di persone) sia attualmente affetta da sindrome metabolica, una condizione che aumenta il rischio di sviluppare innanzitutto patologie cardiovascolari e diabete di tipo 2, ma anche vari tipi di tumori.

Sindromemetabolica

La Sindrome Metabolica (SM) può essere definita come un insieme complesso di alterazioni metaboliche ed emodinamiche (ossia legate alla circolazione sanguigna), tra loro correlate, che aumentano il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e anche alcuni tumori.

Nel corso degli anni, diverse istituzioni/associazioni scientifiche hanno fornito dei criteri per la diagnosi della SM, in modo da poter identificare i soggetti che ne sono affetti e che, quindi, hanno un rischio superiore di andare incontro a queste patologie croniche.

Come illustrato in Tabella 1, i criteri adottati dagli esperti per definire un soggetto affetto da SM differiscono tra loro per alcuni elementi, tuttavia, è possibile identificare 4 fattori di rischio che li accomunano tutti.

  • Elevata glicemia.
  • Dislipidemia (elevati livelli di trigliceridi e ridotto colesterolo buono HDL).
  • Ipertensione arteriosa.
  • Obesità addominale.

 

Tabella 1. Alcune delle più note ed utilizzate definizioni internazionali di Sindrome Metabolica.

 

 

WHO (1998)

EGIR (1999)

NCEP (2001)

IDF (2005)

DEFINIZIONE

IGT, IFG, diabete tipo 2, o bassa sensibilità insulinica e ≥2 dei fattori di rischio a seguire.

Insulinemia a digiuno >75° percentile

e ≥2 dei fattori di rischio a seguire.

≥3 dei fattori di rischio a seguire.

Circonferenza addome: >94 cm (uomini), >80 cm (donne)

e >2 dei fattori di rischio a seguire.

FATTORI DI RISCHIO

 

 

 

 

Obesità

BMI >30 e/o rapporto vita/fianchi >0,9 (uomini), >0,85 (donne)

Circonferenza addome ≥94 cm (uomini), ≥80 cm (donne)

Circonferenza addome ≥102 cm (uomini), ≥88 cm (donne)

/

Lipidi

Trigliceridi ≥150 mg/dl e/o HDL

<35 mg/dl (uomini), <39 mg/dl (donne)

Trigliceridi ≥180 mg/dl e/o

HDL <39 mg/dl

Trigliceridi ≥150 mg/dl

----------

HDL

<40 mg/dl (uomini), < 50 mg/dl (donne)

Trigliceridi

≥150 mg/dl o trattamento ipolipemizzante

----------

HDL

<40 mg/dl (uomini), <50 mg/dl (donne) o trattamento anti-dislipidemico

Glucosio

IGT, IFG, o diabete di tipo 2

IGT o IFG ma non diabete di tipo 2

>100 mg/dl

>100 mg/dl

Pressione arteriosa

>140/90 mmHg

>140/90 mmHg o trattamento anti-ipertensivo

>130/85 mmHg

Pressione sistolica >130 mmHg

o pressione diastolica >85 mmHg

o trattamento anti-ipertensivo

Altro

Microalbuminuria*

/

/

/

Legenda. WHO: World Health Organization; EGIR: European Group for the Study of Insulin Resistance; NCEP: National Cholesterol Education Program; IDF: International Diabetes Federation; IGT: Impaired Glucose Tolerance (Alterata tolleranza al Glucosio); IFG: Impaired Fasting Glucose (Alterata Glicemia a Digiuno); BMI: Body Mass Index (Indice di Massa Corporea); HDL: High-Density Lipoprotein (lipoproteine ad alta intensità, il cosiddetto “colesterolo buono”); mmHg: millimetri di colonna di mercurio (unità di misura con cui viene espressa la pressione arteriosa); * quantitativo modesto, ma clinicamente significativo, di albumina nelle urine.

Tabella modificata da: “Documento del Gruppo di Lavoro Sindrome Metabolica: Diagnosi e Gestione Clinica. SIPREC – Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare”.

 

La definizione di SM più spesso utilizzata, anche nel nostro paese, è quella proposta dal NCEP nel 2001 e rivista nel 2003, per quanto riguarda i livelli di glicemia a digiuno (Tabella 1).

Ad un individuo viene, perciò, fatta una diagnosi di SM quando sussistono almeno 3 dei seguenti fattori di rischio.

 

1) Circonferenza addominale ≥88 cm (donne); ≥102 cm (uomini).

2) Trigliceridi ≥150 mg/dl.

3) HDL <50 mg/dl (donne); <40 mg/dl (uomini).

4) Glicemia a digiuno ≥100 mg/dl.

5) Pressione arteriosa ≥130/85 mmHg.

Sindrome metabolica: cause, meccanismi, fattori di rischio e complicanze

Numerosi studi hanno dimostrato che individui affetti da SM hanno una probabilità quasi 2 volte superiore di sviluppare eventi cardiovascolari e circa 5 volte più elevata di andare incontro a diabete di tipo 2, rispetto alle persone sane. Questi rischi incrementano ulteriormente, in modo progressivo e lineare, in relazione al numero di elementi caratterizzanti la sindrome metabolica, osservati in ogni paziente.

Le alterazioni lipidiche più frequentemente associate alla SM sono rappresentate da:

  • elevati livelli di trigliceridi (≥150 mg/ dL);
  • bassi livelli di colesterolo buono HDL (donne < 50 mg/ dL, uomini < 40 mg/dL e);
  • colesterolo cattivo LDL borderline/alto (130-159 mg/dL);
  • presenza di particelle LDL piccole e dense, che hanno un tempo di permanenza nel circolo sanguigno superiore alle altre e promuovono l’aterogenesi (processo di formazione dell’ateroma, meglio conosciuto con il termine di “placca aterosclerotica”, una degenerazione delle pareti arteriose dovuta al deposito di placche formate essenzialmente da grasso e tessuto cicatriziale).

Tutti questi fattori aumentano il rischio cardiovascolare.

La cause che determinano valori elevati di trigliceridi nelle persone affette da SM sono ancora poco chiare e multifattoriali. I bassi livelli di HDL, invece, sembra siano una conseguenza dell’ipertrigliceridemia. Tuttavia, vengono spesso riscontrati, anche in presenza di normali valori di trigliceridi plasmatici, nei soggetti con insulino-resistenza.

Le alterazioni della pressione arteriosa sono fondamentali per stimare il rischio cardiovascolare nei soggetti con SM. Nei pazienti con meno di 50 anni, l’aumento della diastolica è direttamente correlato al rischio coronarico, che incrementa del 40% circa ogni 10 mmHg in più. Dopo i 60 anni, invece, è la pressione sistolica a rivestire un maggiore potere predittivo: il rischio aumenta di circa il 30% per ogni incremento di 10 mmHg. Infine, si ritiene che anche l’ipertensione sistolica isolata possa essere valutata come un importante fattore di rischio vascolare negli anziani.

Quando l’aterosclerosi si trova in uno stadio intermedio, potrebbe subentrare il cosiddetto “danno d’organo”, ovvero quella serie di modificazioni strutturali, determinate da valori pressori elevati, su cuore, arterie della retina, tronchi sovra-aortici, rene e cervello.

Elementi in grado di evidenziare questa condizione sono: la microalbuminuria (la sua misurazione permette di valutare un eventuale danno ai reni), l’ispessimento medio-intimale carotideo, le placche carotidee non ostruttive e l’ipertrofia ventricolare sinistra (IVS). Tali fattori possono precedere, nei distretti interessati, eventi clinici quali l’insufficienza cerebrovascolare, renale, cardiaca e l’ischemia del miocardio.

In individui con SM, indipendentemente dall’ipertensione arteriosa, si è riscontrata una prevalenza di IVS più elevata.

Sovrappeso ed obesità si accompagnano di frequente alla diagnosi di SM, soprattutto nella popolazione anziana. È raro, infatti, che le varie componenti della SM siano associate fra loro in soggetti normopeso, mentre lo sono frequentemente in persone sovrappeso e/o obese, soprattutto con distribuzione del grasso di tipo viscerale (zona addominale). Questa peculiare localizzazione è notoriamente associata ad un’aumentata incidenza di varie complicanze metaboliche (diabete di tipo 2, dislipidemie, iperuricemia etc.), cardiovascolari (ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco etc.) e anche tumorali (per esempio colon retto, pancreas, prostata, endometrio e mammella in post-menopausa).

È ormai noto da tempo che il tessuto adiposo possiede delle funzionalità secretorie, producendo, per esempio, delle molecole chiamate “adipochine”, molte delle quali sono anche coinvolte nella risposta immunitaria ed infiammatoria (come TNF-α, IL-6 e leptina). Alcune di queste hanno un’attività pro-aterogena, per esempio la leptina i cui livelli plasmatici elevati sembrano essere predittivi per lo sviluppo di aterosclerosi, indipendentemente dalla presenza di altri fattori di rischio.

Sebbene molti individui insulino-resistenti non siano affetti da SM, l’insulino-resistenza (IR) rappresenta la base fisiopatologica comune di questa malattia metabolica, contribuendo in modo determinante, ed insieme agli altri fattori, all’aumento del rischio cardiovascolare.

Il termine insulino-resistenza sta ad indicare l’incapacità dell’insulina di agire in maniera soddisfacente: le cellule degli organi su cui agisce (muscolo, fegato, tessuto adiposo) non le rispondono. Il glucosio, di conseguenza, non riuscendo ad entrare nelle cellule, si accumula nel sangue. Come già spiegato nell’articolo dedicato al diabete, questo fenomeno non trattato comporta un aumentato rischio cardiovascolare che si accresce ulteriormente, diventando potenzialmente letale, quando il diabete di tipo 2 diviene conclamato e si protrae nel tempo.

Oltre che nei diabetici, l’IR si può riscontrare in condizioni di obesità (in particolar modo quella di tipo viscerale), ipertensione, iperuricemia, ipetrigliceridemia e vasculopatia.

Le cause e i meccanismi attraverso i quali s’instaura l’IR, non sono ad oggi del tutto chiari. Tuttavia, gli effetti che essa determina a livello cardiovascolare e metabolico sono meglio conosciuti.

Nei soggetti affetti da SM, l’IR determina la cosiddetta “dislipidemia aterogena”: condizione in cui gli adipociti rilasciano in circolo un eccesso di acidi grassi liberi, provocando nel tempo (i) l’aumento dei trigliceridi, (ii) la riduzione del colesterolo buono HDL e (iii) la formazione di particelle LDL aterogene piccole e dense.

L’insulino-resistenza causa anche un aumento della pressione arteriosa attraverso vari meccanismi, tra cui: (i) sodio-ritenzione, con conseguente aumento del volume circolante, attivazione del sistema nervoso simpatico e danno endoteliale; (ii) aumento delle catecolamine circolanti e conseguente vasocostrizione e (iii) incremento dello stato pro-infiammatorio. L’insieme di queste condizioni favorisce, a sua volta, i fenomeni di aterosclerosi e trombosi.

Le persone con SM, presentando un’attivazione immunitaria e un rilascio di mediatori infiammatori elevati, sono anche soggette al cosiddetto “stato infiammatorio cronico di basso grado”. Diversamente dall’infiammazione acuta, funzionale alla guarigione del nostro organismo, quella cronica, che inizialmente non ha sintomi visibili, perdurando nel tempo determina effetti molto negativi sull’organismo. Questa condizione, infatti, se non curata, si autoalimenta andando a reclutare altre cellule immunitarie nei tessuti, in primis quello adiposo che, a sua volta, viene stimolato al rilascio di ulteriori fattori (come le adipochine) in grado di aggravare ancora di più lo stato infiammatorio.

A lungo andare, questa condizione va ad aumentare drasticamente il rischio di sviluppare tutte le patologie di cui abbiamo parlato fino ad ora, ovvero malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e cancro.

Sindrome metabolica: prevenzione e gestione della malattia

Una volta identificata la presenza di SM, i pazienti dovrebbero essere controllati periodicamente, in modo da ridurre il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e diabete di tipo 2. Questo consente di intercettare le persone a rischio, prima che compaiano le manifestazioni cliniche di tali patologie.

Dal punto di vista cardiovascolare, il rischio viene sovente stimato utilizzando il “Framingham Risk Scoring” che consente di dividere i pazienti con SM in 3 categorie di rischio:

  • pazienti a rischio aggiuntivo stimato elevato (>20%);
  • a rischio moderato (10-20%);
  • a rischio basso (<10%).

La stima del rischio cardiovascolare, secondo questo sistema, presuppone anche la valutazione di fattori quali età, sesso, fumo di sigaretta, colesterolo totale e LDL. Tuttavia, sebbene non ancora ufficialmente inclusi negli algoritmi che valutano il rischio cardiovascolare, molti clinici tengono in considerazione anche altri fattori di rischio chiamati “emergenti” (proteina C reattiva, apolipoproteine, insulinemia etc.). Questi, insieme alla determinazione della presenza di eventuali segni di danno d’organo (ipertrofia ventricolare sinistra, aterosclerosi carotidea e microalbuminuria), permettono di ottenere una stima del rischio cardiovascolare globale ancora più accurata.

Riconoscere la Sindrome Metabolica per tempo risulta, quindi, di fondamentale importanza. Ciò consente, infatti, di identificare precocemente i soggetti con vari fattori di rischio concomitanti e impostare un’adeguata modificazione dello stile di vita che possa consentire loro di raggiungere gli obiettivi clinici descritti in Tabella 2.

 

Tabella 2. Obiettivi del trattamento nel paziente con Sindrome Metabolica

Pressione arteriosa (mmHg)

<130/80

Trigliceridemia (mg/dl)

<150

LDL Colesterolo (mg/dl)

70-100

HDL Colesterolo (mg/dl)

>45

Circonferenza addominale (cm)

<102 (uomini)

<88 (donne)

Glicemia a digiuno (mg/dl)

<100

Emoglobina glicosilata (%)

<6,5

Rischio cardiovascolare a 10 anni (%)

<10

Tabella tratta da: “Documento del Gruppo di Lavoro Sindrome Metabolica: Diagnosi e Gestione Clinica. SIPREC – Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare”.

 

A meno di uno stadio di SM molto grave, il primo intervento da intraprendere è sicuramente quello della modifica dello stile di vita. Se ciò, però, non dovesse essere sufficiente per consentire il raggiungimento degli obiettivi descritti in Tabella 2, andrà affiancata un’opportuna terapia farmacologica, secondo le indicazioni del proprio medico curante.

Modifiche dello stile di vita

Sebbene sia stata identificata una predisposizione genetica allo sviluppo della Sindrome Metabolica, i fattori che incidono maggiormente sulla sua insorgenza sono quelli legati a stili di vita impropri: sedentarietà, alimentazione scorretta (entrambe predisponenti allo sviluppo di sovrappeso ed obesità) e fumo.

Per questo, sia in via preventiva che durante il trattamento, specifiche modifiche sullo stile di vita, sono raccomandate.

Numerosi studi hanno dimostrato che sia nella popolazione adulta che in quella anziana la riduzione di sovrappeso e/o obesità determina il miglioramento di tutti i fattori di rischio associati alla SM e, quindi, il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari e diabete di tipo 2.

È stato visto che, nel primo anno di intervento, una perdita di peso di circa 5-6 kg è abbastanza per ridurre il rischio di SM del 41% e di diabete di tipo 2 del 58%.

Come ribadito molte volte nei nostri articoli, la riduzione del peso corporeo e il mantenimento di tale perdita sono ottenibili associando una corretta alimentazione, eventualmente ipocalorica, all’incremento dell’attività fisica.

In caso di SM, l’obiettivo a breve termine è quello di ridurre il peso del 7-10%, rispetto a quello iniziale, in un periodo di 6-12 mesi. Si auspica, inoltre, in un programma a lungo termine, una continua diminuzione nei mesi a seguire, fino al raggiungimento di un BMI < 25 e di una circonferenza addominale < 102 cm (nell’uomo) e < 88 cm (nella donna).

È, infine, importante educare anche i giovani (bambini e adolescenti) a seguire un’alimentazione e uno stile di vita atti a prevenire sovrappeso, obesità (con l’obiettivo di mantenere il BMI sotto l’85° percentile) e, di conseguenza, il rischio di sviluppare la SM.

Nel caso sussistesse la necessità di perdere peso, andrà impostata una dieta sana, equilibrata ed ipocalorica, secondo le esigenze di ogni singolo paziente.

Per quanto riguarda l’aspetto qualitativo, salvo necessità specifiche, la tipologia di alimentazione ricorderà molto il modello della dieta mediterranea, come evidenziato nei punti a seguire.

  • I grassi totali non dovrebbero superare il 30% dell’introito energetico giornaliero.
  • I grassi saturi dovrebbero stare al di sotto del 10% dell’introito energetico giornaliero (in alcuni casi anche sotto il 7%).
  • Evitare il consumo di grassi trans.
  • Prediligere il consumo degli acidi grassi poli e monoinsaturi (in particolare da olio extravergine di oliva).
  • Introdurre meno di 200 mg al giorno di colesterolo, con la dieta.
  • Aumentare il consumo di fibre (> 15 g/1000 kcal), consumando cereali e derivati integrali, legumi, verdura e frutta.
  • Limitare/ridurre il consumo di zuccheri semplici (che non dovrebbe superare il 10% dell’introito energetico giornaliero).
  • Distribuire l’alimentazione tra 3 pasti principali (colazione, pranzo e cena) e, se lo si desidera, 2 spuntini (mezza mattina e pomeriggio), seguendo il modello del piatto sano, che prevede il consumo di tutti i macronutrienti nei pasti principali (carboidrati, grassi e proteine).
  • Prediligere, tra gli alimenti fonte di proteine: legumi (3-5 volte a settimana), pesce fresco (3-5 volte a settimana), latticini parzialmente o totalmente scremati (latte e yogurt 1-2 porzioni al giorno), formaggi magri e freschi (1-3 volte a settimana), uova (max 2 a settimana) e carne bianca (0-3 volte a settimana).
  • Limitare il consumo di carni rosse fresche a massimo 500 g a settimana e limitare o, se possibile, evitare il consumo di carni lavorate. Queste ultime, oltre ad essere ricche in grassi saturi, contengono anche valori elevati di sale.
  • Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), non si dovrebbe superare la quantità giornaliera di 5 grammi sale. Un consumo superiore, infatti, rappresenta un rischio per la salute, essendo collegato all’insorgenza di varie patologie, in particolare quelle cardiovascolari.
  • Sempre nell’ottica di limitare/evitare l’assunzione di zuccheri semplici, sale, grassi saturi e trans, andrebbe limitato fortemente il consumo di alimenti processati e ultra-processati, dolciumi e prodotti di pasticceria.
  • L’alcol (in qualsiasi forma: vino, birra, superalcolici, cockatail) andrebbe evitato, non solo è fonte di calorie vuote (7 kcal/g di etanolo) ma aumenta anche il rischio di sviluppare ben 8 diversi tipi di tumore. Inoltre, recenti evidenze hanno dimostrato che anche un quantitativo moderato di alcol esercita un effetto negativo sulla salute cardiovascolare. Se proprio non se ne riesce a fare a meno, le Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana, suggeriscono di non superare 1 unità alcolica* al giorno, se donna, 2, se uomo.

*1 unità alcolica corrisponde a circa 10-12 grammi di alcol (etanolo), equivalente a una di queste opzioni: un calice (125 ml) di vino con gradazione alcolica al 12%; una lattina da 33cl di birra con gradazione alcolica al 4,5%; un bicchiere (80 ml) di aperitivo con gradazione alcolica al 18%; un bicchierino (40 ml) di superalcolico con gradazione alcolica al 36%

La sedentarietà dovrà essere evitata, seguendo un’attività fisica personalizzata, giornaliera (o di almeno 5 giorni a settimana) e regolare di tipo prevalentemente aerobico.

La tipologia, la frequenza e l’intensità degli esercizi saranno stabiliti in base alle esigenze di ognuno. È particolarmente cruciale che nei soggetti affetti da patologie cardiovascolari, soprattutto se recenti, il programma di attività fisica venga deciso dal professionista di riferimento, in accordo con il medico curante.

A seguire alcuni esempi di possibili attività.

  • Attività fisica regolare aerobica e di intensità moderata di almeno 30-45 minuti al giorno (camminata a passo svelto, bicicletta, golf etc.).
  • In alcuni casi, un esercizio fisico di circa 60 min quotidiano (continuo o intermittente) può essere raccomandato (tapis roulant, cyclette, vogatore, corsa, palestra, nuoto, bicicletta, giochi di squadra etc.).
  • È importante essere attivi anche nella vita di tutti i giorni, cercare quindi di intraprendere attività come: giardinaggio, lavori domestici, fare le scale, muoversi prevalentemente a piedi o in bicicletta etc.

Parallelamente ad un aumento di attività fisica generale, sarà cruciale fare il possibile per limitare il tempo trascorso in abitudini sedentarie come guardare la televisione e passare ore davanti agli schermi (computer, tablet, cellulare).

Tutte queste raccomandazioni, oltre ad avere dei vantaggi sul piano metabolico e cardiorespiratorio, consentono anche di migliorare il benessere generale dell’individuo.

L’abolizione del fumo di sigaretta e la riduzione del colesterolo LDL sono azioni cruciali per ridurre il rischio cardiovascolare, oltre che di diabete di tipo 2 e tumori, associati alla SM.

Per riuscire ad eliminare questa pessima abitudine, si consiglia di ricorrere sia a specifici aiuti comportamentali e/o psicologici, che a mezzi farmacologici (sostituti di nicotina), sempre dopo consulto con il proprio medico curante.

Terapia farmacologica

Se le modifiche dello stile di vita non dovessero essere sufficienti per raggiungere gli obiettivi terapeutici, anche l‘intervento farmacologico si renderà necessario.

Chiaramente, verranno impiegati i farmaci opportuni per curare ogni condizione specifica che affligge il paziente.

  • Per la dislipidemia si potranno impiegare farmaci quali le statine o l’ezetimibe (per abbassare il colesterolo cattivo LDL). Se le statine da sole non riuscissero a diminuire efficientemente l’LDL, o in caso di trigliceridemie e LDL molto elevati, ai pazienti potranno anche venire prescritti fibrati e acidi grassi polinsaturi della serie omega-3.
  • In caso di diabete di tipo 2, come già accennato nell’articolo dedicato, si farà ricorso, a seconda dei casi, a farmaci quali acarbosio, metformina, orlistat, sibutramina, glitazoni e insulina.
  • L’ipertensione, nel paziente con SM, viene spesso gestita utilizzando ACE-inibitori, antagonisti recettoriali dell’angiotensina II e calcio-antagonisti.
  • Nei pazienti ad alto rischio protrombotico può venire raccomandato l’uso di aspirina a basse dosi.
  • Nei casi di danno d’organo, farmaci specifici verranno impiegati a seconda della tipologia di problematica da risolvere.

Essendo la SM una complicanza metabolica molto complessa e gravando su ogni paziente in maniera differente, solo il medico di riferimento, dopo attenta diagnosi e considerando l’insieme di stile di vita e stato di salute del paziente, potrà consigliare il corretto percorso terapeutico e farmacologico.

Decalogo Smart per la prevenzione della sindrome metabolica

È importante notare che i consigli di Smartfood per la prevenzione della SM sono sostanzialmente sovrapponibili a quelli dati per raggiungere/mantenere un peso sano, diminuire il rischio delle principali malattie croniche (patologie cardiovascolari, tumori e diabete di tipo 2) e, in generale, acquisire e conservare un buono stato di salute generale.

Essi riassumono le raccomandazioni della dieta mediterranea e del piatto smart.

  1. Cerca di essere sempre fisicamente attivo/a. Anche una semplice passeggiata quotidiana di 30 minuti a passo sostenuto può essere efficace.
  2. Mantieni un peso e una circonferenza vita sani; se sei in sovrappeso e/o con una circonferenza vita superiore a 88 cm (se donna) e a 102 cm (se uomo) contatta uno specialista per intraprendere un programma di dimagrimento.
  3. Consuma almeno 5 porzioni al giorno tra verdura e frutta.
  4. Prediligi il consumo di cereali integrali (pane, pasta, cereali in chicco etc.).
  5. Tra le fonti proteiche, privilegia legumi (da 3 a 5 volte a settimana) e pesce fresco (da 3 a 5 volte a settimana).
  6. Per condire, scegli grassi buoni, come l’olio extravergine d’oliva e quelli contenuti in frutta a guscio e semi oleosi.
  7. Diminuisci il consumo di alimenti processati e di quelli ricchi in sale, grassi saturi e trans, come carne lavorata, salumi, alimenti conservati sotto sale, formaggi grassi e stagionati.
  8. Limita il consumo di cibi ricchi di zuccheri semplici come dolciumi, bevande zuccherate, yogurt aromatizzati, gelati, caramelle etc.
  9. Evita il consumo di bevande alcoliche. Se proprio non riesci, non superare 1 unità alcolica al giorno, se donna, 2, se uomo.
  10. Non iniziare a fumare e se fumi (anche sigarette elettroniche) scegli di smettere. I centri antifumo potranno aiutarti in questo processo!

DISCLAIMER

Le informazioni contenute in questo testo hanno esclusivamente uno scopo divulgativo e potranno essere modificate e/o rimosse in qualsiasi momento. In nessun modo, inoltre, intendono formulare diagnosi e/o prescrivere trattamenti. Di conseguenza, nessuna delle indicazioni presenti in questo approfondimento intende e/o può sostituire il rapporto diretto tra medico e paziente.

Raccomandiamo a tutti e, in particolare, a chi è affetto da una o più patologie, di rivolgersi sempre al proprio medico curante e/o agli altri specialisti sanitari di settore, prima di assumere integratori, farmaci, seguire particolari diete e/o programmi di allenamento sportivo.