Il sale (cloruro di sodio, costituito dagli elementi sodio e cloro) è un composto, molto abbondante in natura, essenziale per la vita sulla Terra.
Non sorprende, quindi, rilevare che il sodio è il principale catione presente nei liquidi extracellulari. Gli ioni sodio, infatti, sono fondamentali per consentire una serie di attività fisiologiche quali: il mantenimento dell’omeostasi cellulare, la regolazione del bilancio idro-elettrolitico e della pressione arteriosa, l’assorbimento dei nutrienti e il loro trasporto, la trasmissione dei segnali sensoriali e motori lungo il sistema nervoso. Tuttavia, il suo fabbisogno giornaliero è molto basso, ne consegue che, in condizioni di salute normale, riscontrare una deplezione di sodio da scarso apporto alimentare è un evento assai raro. Al contrario, sempre più evidenti sono le situazioni in cui il consumo di sale è abitualmente troppo elevato (in Italia, mediamente si attesta oltre i 10 g al giorno a persona), comportando un aumentato rischio di sviluppare:
Oltre alle malattie cardiovascolari, un consumo eccessivo di sale, è stato associato ad un aumentato rischio di insorgenza di tumore allo stomaco. Il report del 2016 del Fondo Mondiale della Ricerca sul Cancro (WCRF) su “Dieta, alimentazione, attività fisica e cancro allo stomaco”, infatti, ha evidenziato una correlazione probabile tra il consumo di alimenti conservati con il sale e il rischio di cancro dello stomaco. La maggior parte dei dati analizzati proviene dall’Asia orientale, dove tradizionalmente si consumano queste tipologie di prodotti. Tuttavia, sebbene la relazione tra consumo di sale, prodotti conservati con sale e rischio di cancro, nelle popolazioni occidentali, non sia stata ancora del tutto chiarita, si sono osservati un numero superiore di casi di tumore allo stomaco nei Paesi in cui viene fatto un uso elevato di prodotti ricchi di sale. Tra questi spiccano i prodotti processati, utilizzati ampiamente sia in Europa che in Nord America, che spesso presentano un quantitativo di sale pari a quello contenuto negli alimenti conservati con il sale. Tra i principali meccanismi che potrebbero spiegare l’effetto del sale sull’aumento del rischio, ci sarebbe il danneggiamento del rivestimento interno dello stomaco che causerebbe infiammazione e maggiore sensibilità all’azione degli agenti cancerogeni.
È, inoltre, consigliabile, per chi presenta problemi allo stomaco meno gravi, come il reflusso gastroesofageo e la gastrite, ridurre il consumo di sale, in modo da lenire e far regredire queste patologie che, esercitando un effetto negativo sulla mucosa gastrica, oltre a generare malessere, potrebbero predisporre all’insorgenza di malattie oncologiche.
Un elevato consumo di sodio, infine, è associato a maggiori perdite urinarie di calcio e quindi, probabilmente, ad un maggiore rischio di osteoporosi.
La quantità giornaliera che non si dovrebbe superare di sale, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), corrisponde a 5 grammi. Solo in condizioni di sudorazione estrema e prolungata, i fabbisogni di sodio, e quindi di sale, possono aumentare; può essere il caso di atleti che si allenano o gareggiano a lungo e/o in condizioni di temperature elevate.
Nonostante queste raccomandazioni, in Italia, il consumo di sale si attesta su valori quotidiani molto più elevati. Uno studio condotto su circa 4000 tra uomini e donne, di età compresa tra i 35 e i 74 anni, residenti in 20 regioni italiane, ha mostrato un consumo medio giornaliero di sale pari a 9,5 g negli uomini e 7,2 g nelle donne, con una tendenza verso valori più alti nella maggior parte delle regioni meridionali. Soltanto il 9% degli uomini e il 23% delle donne presentava un consumo di sale in linea con le raccomandazioni dell’OMS, cioè minore di 5 g al giorno. Anche in un campione di popolazione giovanile (6-18 anni) è stato riscontrato un consumo medio eccessivo di sale, pari a 7,4 g al giorno nei maschi e 6,7 g nelle femmine. Questo comporta, nei giovani, lo sviluppo di una soglia del gusto, rispetto al salato, molto alta che potrebbe portarli, anche da adulti, ad avere abitudini alimentari scorrette, prediligendo pietanze esageratamente sapide.
Il consumo eccessivo di sale è spesso associato ad una insufficiente assunzione di potassio (il cui deficit incrementa il rischio cardiaco), ben inferiore ai livelli raccomandati dall’OMS, dovuta principalmente ad un basso consumo di verdura, frutta e legumi. Nello studio svolto nelle 20 regioni italiane, si è visto che solo il 4% degli uomini e il 2% delle donne ne assumeva un quantitativo adeguato.
Consumando le ormai ben note 5 porzioni al giorno di verdura e di frutta è possibile raggiunge facilmente la quantità raccomandata di potassio.
Scopri la top10 Smart degli alimenti più ricchi di potassio per porzioneSecondo uno studio dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (ex-INRAN), più della metà del sale nella dieta degli italiani, il 54%, proviene dai cibi conservati e/o precotti e dall'alimentazione fuori casa, quello aggiunto in cucina o in tavola rappresenta circa il 36%, e solo il rimanente 10% è quello che si trova naturalmente negli alimenti freschi.
Sebbene non esista una classificazione “ufficiale” per definire gli alimenti ad alto, medio o basso contenuto di sale, la Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) ha dato le seguenti indicazioni:
Tra i prodotti trasformati più ricchi di sale, che vengono spesso consumati nella dieta degli italiani, troviamo:
Tuttavia, fonti “nascoste”, e quindi più difficili da riconoscere, di sale sono rappresentate da alimenti che comunemente non vengono considerati come possibili apportatori di sodio. In realtà ne contengono più di quanto si possa pensare e, soprattutto, sono consumati con maggiore frequenza rispetto ai precedenti, ad esempio:
Attenzione anche ai prodotti apparentemente salutistici, come i burger o le polpette vegetali, spesso, purtroppo, risultano molto ricchi di sale aggiunto.
Infine, non vanno dimenticati alcuni condimenti e salse pronte utilizzati in sostituzione o, spesso, in aggiunta al sale che sono particolarmente ricchi di sodio. È il caso, per esempio, di:
Tutto il sale alimentare è costituito da cloruro di sodio, il quale può essere prodotto nelle saline, grazie all’evaporazione dell’acqua di mare, dopo estrazione e lavorazione della salgemma, o in salamoie ricavate da un giacimento tramite ricristallizazione. Dal sale “grezzo”, dopo un procedimento di raffinazione, che elimina la maggior parte degli altri minerali presenti, si ottiene il “sale raffinato” (“grosso” e/o “fino”) che contiene solamente cloruro di sodio. In commercio, tuttavia, sono presenti anche altre tipologie di sale non raffinate, erroneamente ritenute salutari, come per esempio:
Queste tipologie di sali sono più ricche di minerali, rispetto al sale comune, ma, dovendo non consumarne più di 5 g al giorno, l’apporto finale di questi elementi non è in grado di esercitare un reale beneficio per il nostro organismo. Quantità veramente rilevanti di minerali si possono, invece, assumere facilmente mangiando le porzioni raccomandate di frutta, verdura, cereali integrali e legumi e pesce.
Senza dimenticare mai che il consumo di sale va ridotto a meno di 5 g al giorno, sia l’OMS che il Ministero della Salute raccomandano di preferire quello iodato (in sostituzione e non in aggiunta a quello comune), un normale sale a cui è stato aggiunto iodio. In questo modo, si vogliono prevenire e/o correggere eventuali carenze di iodio nella popolazione.
In commercio è anche possibile trovare il cosiddetto sale dietetico, il quale contiene meno sodio, perché parte del cloruro di sodio è stato sostituito da cloruro di potassio. Alcuni medici lo suggeriscono ai soggetti ipertesi che hanno difficoltà a limitare i propri consumi di sale comune. Tuttavia, è sempre meglio cercare di abituare il palato a gusti meno sapidi, nell’ultima sezione vedremo alcuni suggerimenti per farlo.
Ridurre la quantità di sale che si consuma giornalmente non è un’impresa impossibile, anzi! Basterà procedere con pazienza e gradualità e, nell’arco di poche settimane, il palato si adatterà facilmente al sapore dei cibi meno salati, riscoprendo il gusto autentico degli alimenti. È stato scientificamente provato, infatti, che in circa dieci giorni, questi stessi cibi sembreranno sapidi al punto giusto, mentre quelli conditi nel modo precedente risulteranno troppo saporiti.
Per ridurre progressivamente l’uso di sale, sia a tavola che in cucina, è sufficiente seguire questi suggerimenti:
Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA) ex Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN). Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana, 2018.
Excess dietary sodium and inadequate potassium intake in Italy: Results of the MINISAL study. Donfrancesco C et al, Nutrition, metabolism and cardiovascular diseases, 2013.
World Health Organization (WHO). Guideline: Sodium intake for adults and children, 2012.