L’effetto positivo sulla salute di attività fisica e sana alimentazione veniva già ipotizzato ed enunciato, tra il quinto e il quarto secolo prima di Cristo, dal filosofo Ippocrate: “Se fossimo in grado di fornire a ciascuno la giusta dose di nutrimento ed esercizio fisico, né in difetto né in eccesso, avremmo trovato la strada per la salute”.
Ad oggi non ci sono più dubbi: la scienza infatti ha ampiamente dimostrato che, non solo seguire una dieta sana, ma anche svolgere quotidianamente attività fisica moderata è fondamentale per prevenire l’insorgenza delle patologie croniche (malattie oncologiche, cardiovascolari, diabete di tipo 2, osteoporosi, patologie neurodegenerative) responsabili di più del 70% di tutti i decessi nel mondo. In particolare, l’attività fisica favorisce il mantenimento di un corretto peso corporeo, riducendo l’insorgenza di sovrappeso e obesità, noti fattori di rischio per lo sviluppo di queste patologie. Accompagnare l’attività fisica ad una corretta e sana alimentazione è cruciale, non solo per garantire un ottimale stato di salute agli amatori, ma anche per assicurare, a chi svolge esercizio ad elevato impegno fisico e agli sportivi professionisti, i corretti fabbisogni di macro e micronutrienti, funzionali anche all’ottimizzazione della prestazione.
Nel corso degli ultimi 40 anni si è osservata una netta diminuzione dei livelli complessivi di attività fisica della popolazione mondiale. Sebbene i più recenti cambiamenti tecnologici abbiano, per certi aspetti, migliorato e facilitato la nostra vita, la dominanza del trasporto motorizzato e lo sviluppo di svariate tecniche di automazione, hanno determinato una radicale diminuzione dell’attività motoria nella popolazione, spingendola verso una maggiore sedentarietà. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato, infatti, che, in tutti i paesi del mondo, 1 adulto su 4 e 3 adolescenti su 4 non raggiungono i livelli minimi di attività motoria consigliati per mantenersi in buona salute. Questi nuovi stili di vita hanno contribuito a triplicare, rispetto al 1975, il numero di persone in sovrappeso, in tutto il pianeta. Nel 2016 sono stati riportati più di 1,9 miliardi di casi di adulti in sovrappeso, di cui oltre 650 milioni obesi. Questi aumenti non sono più esclusivamente caratteristici dei soli paesi occidentali benestanti, ma si stanno ampliando anche in quelli a basso e medio reddito e sono oramai riconosciuti come problemi di salute pubblica molto rilevanti, essendo tra le principali cause d’incremento del rischio d’insorgenza di patologie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e vari tipi di tumori.
Con il termine attività fisica s’intende ogni movimento del corpo prodotto dai muscoli scheletrici, che comporti un dispendio di energia superiore a quello basale. In questa definizione rientrano quindi non solo le attività sportive vere e proprie, ma anche il movimento spontaneo determinato dalle attività che caratterizzano la vita di tutti i giorni (camminare, andare in bicicletta, salire le scale, fare i lavori domestici, ballare, lavare la macchina, portare le borse della spesa, fare giardinaggio, etc.). L’esercizio fisico è definito come una sottocategoria dell’attività fisica, che consiste in un movimento pianificato, strutturato e ripetitivo che ha il fine di migliorare o mantenere una o più componenti di performance fisica (forza, flessibilità, resistenza, etc.).
Indipendentemente da queste definizioni, l’OMS ha stabilito che qualsiasi attività fisica svolta durante il tempo libero, o come parte del lavoro di una persona, è in grado di essere benefica per la salute. Sembra, inoltre, che sia l’attività fisica moderata che quella intensa siano in grado di migliorare lo stato di salute generale, tuttavia alcuni effetti fisiologici dello sport professionistico di tipo intenso e prolungato (come l’endurance), possono avere effetti negativi sul sistema immunitario e generare un eccessivo stress ossidativo.
Nelle linee guida dell’OMS del 2010 “Global Recommendations on Physical Activity for Health”, recentemente aggiornate nel documento del 2020 "WHO Guidelines on Physical Activity and Sedentary Behaviour" vengono definiti i livelli raccomandati di attività fisica, divisi per tre gruppi di età, per la prevenzione e il controllo delle malattie croniche.
I livelli di attività fisica raccomandati sono intesi come un limite minimo, superarli apporta ulteriori vantaggi per la salute e una riduzione più efficace del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e metaboliche.
Nelle linee guida del 2020 sono indicati per la prima volta i livelli raccomandati di attività fisica per alcuni gruppi speciali:
Abbandonare uno stile di vita sedentario, non significa necessariamente passare 2 ore al giorno, tutti i giorni, in una palestra. Sicuramente praticare regolarmente sport è un’ottima soluzione, ma è anche importante cercare di muoversi di più in ogni momento della giornata, se possibile anche in ufficio.
Se si decide, invece, di cominciare un’attività fisica pianificata e strutturata è opportuno, oltre a rivolgersi ai professionisti del settore (laureati in scienze motorie), iniziare con gradualità, ponendosi obiettivi realistici, in modo da evitare infortuni e ottenere progressivamente benefici sulla salute e sulle prestazioni sportive.
Scarica la grafica con i consigli Smart per essere più attivo fuori casa Scarica la grafica con i consigli Smart per essere più attivo in casa Scarica la grafica con i consigli Smart per essere più attivo in ufficio Scarica la grafica con i consigli Smart per iniziare a fare esercizio fisico programmatoLa scienza studia da tempo il legame esistente tra attività fisica e stato di salute ed ha dimostrato una relazione positiva tra frequenza, intensità e durata dell’attività e vantaggi che se ne traggono, indipendentemente da età, sesso, origine etnica e peso corporeo. Rispetto ad uno stile di vita sedentario, infatti, anche un livello di esercizio che coincide con il minimo di attività raccomandata dall’OMS diminuisce drasticamente il rischio di mortalità per tutte le cause.
Questi risultati dipendono dal fatto che l’attività fisica influenza svariate strutture e sistemi del nostro organismo, agendo, tra le altre cose su: infiammazione, sistema immunitario, metabolismo energetico, ormonale, peso corporeo, salute mentale, apparato cardiocircolatorio, respiratorio, muscolare e osteo-tendineo.
Molte persone ritengono che lo svolgimento di una regolare attività fisica, a livello amatoriale, necessiti di particolari consigli alimentari e/o aumenti di introiti e rapporti dei macronutrienti (proteine, carboidrati e grassi). In realtà, in caso di allenamenti regolari, fino a 1-2 ore al giorno per 3-4 volte a settimana, è sufficiente rispettare le raccomandazioni generali per una sana alimentazione, mangiare un po’ di più in base all’intensità dello specifico allenamento (preferibilmente dopo aver consultato un professionista del settore) e non sbilanciare il rapporto tra i macronutrienti.
Sebbene il modo migliore per avere dei consigli nutrizionali, che si armonizzino con il proprio stile di vita, sia quello di rivolgersi ad un dietologo, nutrizionista o dietista, possiamo individuare dei suggerimenti generali, utili da applicare nelle giornate di attività sportiva.
Un’accortezza molto importante è evitare la disidratazione, è quindi fondamentale affrontare l’attività fisica sempre correttamente idratati e bere gradualmente anche durante e dopo l’allenamento. Le quantità più o meno abbondanti di liquidi, varieranno in base al livello di sudorazione individuale. Bere, nel corso della giornata, la quantità di liquidi raccomandata dalle regole del piatto sano (2,0-2,5 l), consente, di norma, di arrivare correttamente idratati all’attività sportiva; nel caso questo non fosse sempre possibile, cercare di bere circa 400/600 ml di acqua 1-2 ore prima di iniziare.
Per reintegrare i liquidi persi dopo l’attività fisica, nella maggior parte dei casi, soprattutto per gli sportivi amatoriali che si allenano per meno di 60 minuti in condizioni di temperature non eccessivamente elevate, è sufficiente reidratarsi con semplice acqua minerale. Non è necessario, quindi, né l’impiego di bevande per sportivi, arricchite in carboidrati e sali minerali, né quello degli energy drinks, spesso eccessivamente ricchi in zuccheri.
Totalmente sconsigliato è l’impiego delle bevande alcoliche: in generale sempre da limitare per prevenire l’insorgenza delle patologie croniche, non sono certo da suggerire per reidratarsi dopo lo sport. Infatti, la presenza dell’etanolo in queste bevande favorisce la diuresi, aumentando lo stato di disidratazione, inibendo la sintesi proteica e andando, quindi, ad influire negativamente sul corretto processo di riparazione del danno muscolare e sul recupero del muscolo stesso.
Anche l’impiego di integratori, beveroni arricchiti di aminoacidi o proteine in polvere non trova, negli sportivi non professionisti, una giustificazione nutrizionale. In caso di specifiche necessità, la cosa migliore è sempre quella di consultare un professionista della nutrizione, evitando il “fai da te” o i consigli di persone non qualificate.
È opportuno che adulti e anziani che praticano regolarmente, almeno due volte a settimana, programmi di rafforzamento muscolare (esercizi a carico naturale o con l’ausilio di attrezzi ad hoc), previo consulto con un professionista, assumano un contenuto proteico giornaliero superiore a quello di 0,9 grammi per chilo corporeo raccomandato per la popolazione generale (1,0-1,2 g/kg). Inoltre, è importante che includano, ad ogni pasto, 25-30 g di proteine ad alta qualità biologica (latticini, uova, pesce, carni bianche). Queste indicazioni nutrizionali sono particolarmente utili negli anziani, quando associate ad una tipologia di allenamento finalizzata a contrastare l’insorgenza della sarcopenia.
Rientra in questa categoria chi svolge allenamenti di maggior durata, frequenza ed intensità (5-7 giorni alla settimana, almeno una seduta di allenamento al giorno di 2-3 ore, per 9-11 mesi all’anno). In questi casi è opportuno fornire specifiche indicazioni nutrizionali, che verranno aggiustate, da esperti in nutrizione sportiva (dietologi, nutrizionisti, dietisti), in base allo stato di salute generale del soggetto e dei suoi fabbisogni, ovviamente in relazione all’impegno sportivo (allenamenti, gare, etc.).
Qualitativamente, la tipologia di dieta dello sportivo professionista dovrebbe rispettare le raccomandazioni generali per una sana alimentazione, avvicinandosi quindi ad un modello alimentare di tipo mediterraneo. Tuttavia, i fabbisogni energetici e quelli idrici aumentano, rispetto ai soggetti sedentari e agli sportivi amatoriali. Ovviamente, non tutti gli sport richiederanno lo stesso aumento di energia, la vela e l’equitazione, per esempio, non avranno la stessa richiesta energetica di sport come il canottaggio, il fondo di nuoto o il triathlon. I fabbisogni calorici andranno, quindi, sempre valutati caso per caso, dagli esperti in nutrizione sportiva.
Generalmente, si tende a coprire le necessità energetiche dividendo i pasti in base agli allenamenti e alle gare, con un’alimentazione il più varia possibile, in modo da garantire il corretto apporto non solo dei macronutrienti, ma anche di acqua, minerali, vitamine, composti bioattivi, antiossidanti e fibre. Va infatti tenuto presente che un intenso e prolungato esercizio fisico genera un forte stress ossidativo, che è importante contrastare con il consumo di alimenti con proprietà antiossidanti (legumi, cereali integrali, verdura, frutta fresca e secca, semi, pesce, olio extra vergine di oliva). Spesso gli alimenti vengono suddivisi in 5 pasti (3 principali e 2 spuntini) in modo da non sovraccaricare l’organismo con pasti eccessivamente abbondanti. Tuttavia, non è possibile stabilire una regola generale, in quanto i pasti devono sempre essere adattati alle specifiche sedute di allenamento e alle competizioni.
L’aumento dell’apporto energetico viene generalmente ottenuto incrementando il quantitativo di carboidrati, sia semplici che complessi (in un rapporto ideale di 1:4). L’apporto di questo macronutriente può variare dai 5-7 g/kg/die (allenamenti di un’ora al giorno, per 5-7 volte a settimana), fino a 8-12 g/kg/die (per allenamenti superiori alle 4-5 ore al giorno, tutti i giorni). Anche se non esistono regole precise, in linea generale per mantenere una buona omeostasi glucidica e assicurare un rilascio continuo di nutrienti nel torrente ematico, la maggior parte dei carboidrati, pre allenamento/gara, dovrebbe provenire da cereali integrali e da frutta e verdura. Pasti meno complessi, contenenti carboidrati ad alto indice glicemico vengono, invece, spesso preferiti per recuperare glicogeno il più rapidamente possibile, in modo da avere una maggiore velocità di digestione e di assorbimento.
Un altro elemento che differenzia lo sportivo professionista dall’amatore è un fabbisogno proteico superiore a quello raccomandato per la popolazione generale. Le ultime indicazioni (2016) dell’American College of Sport Medicine (ACSM), per sostenere il turnover proteico, la riparazione, il rimodellamento e l’adattamento metabolico, suggeriscono un apporto proteico che varia da 1,2 a 2,0 g/kg (in base alla tipologia di sport praticato e alle periodizzazioni dell’allenamento). In casi di restrizioni energetiche, o per brevi periodi di tempo ed esclusivamente nelle fasi di allenamento (lontano dalle gare), potrebbero essere applicati anche quantitativi proteici superiori (non oltre i 3 g/kg).
Per la maggior parte degli sportivi professionisti, l’apporto di lipidi si colloca in genere tra il 25% e il 35% dell’energia totale. Non sono stati evidenziati benefici né nel ridurre la percentuale al di sotto del 20% e nemmeno ad alzarla oltre il 35%, a discapito di altri macronutrienti (carboidrati).
Ulteriori variazioni, rispetto a quelle appena descritte, e specifici piani alimentari, vengono stabiliti dagli esperti in nutrizione sportiva, a seconda delle diverse discipline, in preparazione, durante e al termine delle competizioni. Gli obiettivi principali sono quelli di garantire un’idratazione ottimale, il giusto livello di glicogeno epatico e muscolare, prevenire l’ipoglicemia e contrastare eventuali problematiche gastrointestinali. Tuttavia, i tipi di alimenti, i tempi di somministrazione e le loro quantità devono essere sempre testati e personalizzati in base alle preferenze, la tollerabilità e l’esperienza del singolo atleta.
Anche i piani di idratazione devono essere personalizzati: in linea generale i liquidi vanno riforniti in modo graduale e in base alle perdite. Sarebbe opportuno bere poco e gradualmente 4 ore prima dell’inizio di un allenamento/gara, un quantitativo di acqua pari a 5-7 ml per kg di peso. Al termine di una gara, l’atleta dovrebbe bere da 1,25 a 1,5 litri di liquidi per ogni kg di peso corporeo perso (circa il 125-150% della perdita avvenuta tra prima e dopo la competizione). Le bevande utilizzate dovranno essere arricchite in zuccheri (6-8%) e sali (sodio 460-1150 mg/l) solo quando l’attività superi i 60 minuti e sia stata svolta in ambienti caldi.
Normalmente, quando un atleta ha un’alimentazione varia e completa, non ci sono necessità di assumere integratori multivitaminici o di minerali. Tuttavia, in casi particolari e sempre personalizzati, l’utilizzo di questi prodotti potrebbe essere necessario.
Anche l’impiego di prodotti ergogenici deve sempre avvenire a seguito di un’attenta valutazione generale dello stato fisico del soggetto e delle sue necessità agonistiche, previa valutazione della sicurezza, efficacia, validità e conformità al codice antidoping delle sostanze in questione.
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