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Le combinazioni alimentari sono una bufala?

Data 20 luglio
2023
Tempo di lettura Tempo di lettura
5 min
#alimentazioneSalute

Quella delle combinazioni alimentari è una delle cosiddette “fad diets”, diete popolari, alla moda, che ha avuto successo negli anni ‘90 e di cui ancora oggi si sente parlare. È inserita all’interno delle teorie dell’igienismo e dunque non ha alcuna base scientifica.

Le combinazioni alimentari sono una bufala?

Mai abbinare i carboidrati con le proteine, no a proteine con proteine, e ancora, niente frutta acida con quella dolce. Secondo la teoria dell’igienismo, pratica di medicina alternativa non validata dalla comunità scientifica, la lista di divieti che riguarda alimenti da non associare mai, o solo sporadicamente, tra di loro perché si avrebbe un effetto dannoso sulla nostra salute, è molto lunga. Un elemento di fascino di questa teoria, è dato dall’utilizzo di termini scientifici, legati spesso ai processi digestivi dell’organismo umano; questa caratteristica la rende una teoria pseudoscientifica, alla quale le persone sono più propense a credere.

Vediamo, in questo articolo, quali sarebbero le combinazioni alimentari da evitare e perché le teorie alla base di queste indicazioni non hanno alcun senso né un fondamento scientifico.

Carboidrati e proteine

Una delle associazioni alimentari da cui stare maggiormente alla larga, secondo la teoria, è quella tra carboidrati e proteine. Gli igienisti fanno delle considerazioni errate sulla fisiologia della digestione, in particolare sugli enzimi che digeriscono questi due nutrienti: carboidrati e proteine. È vero che gli enzimi che degradano le proteine lavorano in ambiente acido (nello stomaco), mentre gli enzimi che digeriscono gli amidi lo fanno in ambiente alcalino (inizialmente nella bocca e poi nell’intestino tenue). La teoria, o meglio l’astrazione che ne consegue, afferma che la digestione contemporanea di carboidrati e proteine, comprometta l’azione degli enzimi che li degradano, causando difficoltà digestive e peggiorando lo stato di salute.

Ci sono diversi motivi per cui questa teoria è insensata. Innanzitutto, bisogna ricordare brevemente come avviene il processo digestivo. Ciò che mangiamo viaggia attraverso il tubo digerente come bolo alimentare, un impasto che si forma in bocca dalla masticazione degli alimenti insieme alla saliva. Durante il suo percorso il bolo alimentare incontra diverse tipologie di enzimi (quelli che digeriscono le proteine, i carboidrati e i grassi) e diversi ambienti (più acido nello stomaco, più alcalino nell’intestino) nei quali alcuni enzimi sono attivi altri no, per cui al suo interno, a seconda di dove il bolo si trovi lungo il digerente, ci saranno nutrienti degradati solo parzialmente e altri completamente e questo non compromette le attività enzimatiche. Per intenderci, la digestione non “si blocca” se nel bolo sono presenti nutrienti parzialmente digeriti e altri no. Il processo digestivo è strutturato a “tappe”, con l’obiettivo finale, per i nutrienti, di giungere insieme nell’intestino tenue per essere assimilati.

L’uomo è un animale onnivoro e l’evoluzione ha portato ad una tale efficienza dei processi digestivi da consentirgli di mangiare alimenti molto eterogenei e di digerirli ed assimilarli in maniera ottimale. Semmai, un problema notevole è dato dall’eccesso nei consumi alimentari che ha portato la popolazione ad avere sempre maggiori quote di soggetti in sovrappeso o obesi.

Le patologie digestive, invece, sono ben altra cosa, e ne abbiamo parlato in questo approfondimento: malattia da reflusso gastroesofageo, gastrite, ulcera gastrica e duodenale.

Un'altra assurdità riguarda il fatto di concepire gli alimenti come fonte di un solo nutriente, i carboidrati o le proteine. Tipicamente, infatti, pasta e pane vengono identificati come ‘carboidrati’, mentre carne e pesce come ‘proteine’. Basta, però, guardare i valori nutrizionali di questi alimenti per accorgersi che non sono una fonte esclusiva di carboidrati, nel primo caso, o di proteine, nel secondo. Prendiamo ad esempio la pasta integrale: un etto fornisce circa 66 g di carboidrati ma anche 13 g di proteine, la stessa quantità di proteine che troveremmo in 100 g di uova. Dunque, se gli igienisti affermano che non si possano mangiare carboidrati e proteine nello stesso pasto e quindi scegliamo di mangiare solo pasta, come la mettiamo con il fatto che stiamo comunque assumendo sia carboidrati che proteine?

Proteine e proteine

L’idea bizzarra in questo caso è che ogni alimento fonte di proteine, quindi carne, pesce, formaggi, uova e legumi, richieda enzimi specifici per la sua digestione. Gli enzimi che degradano le proteine sono in realtà gli stessi per ognuna di queste fonti proteiche. Nello stomaco agisce la pepsina, mentre nel duodeno operano le endoproteasi e le esopetidasi, il loro obiettivo è quello di scindere le proteine in molecole sempre più piccole, per poi rendere disponibili i singoli aminoacidi che le compongono alle cellule intestinali per l’assorbimento. Sicuramente le varie fonti proteiche hanno composizioni differenti nel profilo aminoacidico, ma ciò non altera in alcun modo il meccanismo con cui vengono digerite e assorbite.

D’altro canto, scegliere una sola fonte proteica per pasto può essere utile per non esagerare con le porzioni e per ruotare frequentemente gli alimenti proteici nel corso della settimana, così da avere una dieta variata. Nulla toglie però, che si possano consumare due fonti proteiche per pasto in porzioni ridotte di ciascuna. Ad esempio, si può consumare qualche cucchiaio di ricotta nel primo piatto e poi una mezza porzione di legumi nell’insalata.

Anguria, melone, frutta acida e frutta dolce

Terminare il pasto con dell’anguria o inserire dei cubetti di melone nell’insalata sarebbe un’altra eresia. Anguria e melone sarebbero alimenti da non combinare con nessun altro alimento in quanto, sempre secondo la teoria, la loro celere decomposizione e il loro contenuto di zuccheri comprometterebbero la digestione di altri alimenti, comprese altre tipologie di frutta. Niente di più assurdo.

Sempre per lo stesso discorso non andrebbe abbinata la frutta dolce (banane, cachi, uva) con proteine, amidi e frutta acida (arance, kiwi, limoni). Si legge in un blog di un’igienista: “la frutta acida può essere usata con della frutta semi-dolce. La frutta semi-dolce può essere combinata con la frutta dolce. Il pomodoro non può essere combinato con la frutta semi-dolce. La frutta, in qualsiasi caso, va consumata a stomaco vuoto”. Tutti gli studi che hanno raccolto dati sui benefici della frutta fresca sullo stato di salute non hanno mai menzionato a tali distinzioni.

La frutta in generale, nelle porzioni raccomandate, come anguria e melone in estate, può essere consumata, indifferentemente, durante o a fine pasto, oppure agli spuntini, secondo le proprie abitudini. Non esistono controindicazioni, se non quelle relative alla propria sensibilità, legate a processi fermentativi in concomitanza del pasto o ad un aumento del peso.

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Le combinazioni “amiche” – sinergie utili

È chiaro che la teoria delle combinazioni alimentari, come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, non ha alcun fondamento scientifico.

Esistono invece, e non sono contemplate da questa teoria, delle combinazioni tra alimenti che potremmo definire “amiche”, delle sinergie utili che potenziano l’assorbimento di alcuni componenti della dieta. È il caso degli alimenti che contengono vitamina C, i quali aumentano l’assorbimento del ferro, oppure dei grassi che rendono maggiormente assimilabili i carotenoidi.

Sono queste le combinazioni da tenere presenti, senza però dover fare calcoli assurdi rispetto alla loro assunzione. Infatti, se la dieta è varia ed è ispirata al modello della dieta mediterranea e i pasti principali sono strutturati secondo la logica del piatto sano, è molto poco probabile che si incorra in carenze e l’alimentazione sarà complessivamente sana e bilanciata.

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