Tra i consumatori l’attenzione alla qualità degli alimenti e l’impatto di quest’ultimi sulla salute sono in costante crescita. Le tecniche moderne di produzione agricola hanno reso possibile garantire cibo sufficiente per una popolazione globale in continuo aumento, ma hanno anche sollevato interrogativi e paure per l’utilizzo dei pesticidi. Comprendere il ruolo di quest’ultimi e le misure di sicurezza adottate per limitarne l'impatto su salute e ambiente, è fondamentale per gestire con consapevolezza le scelte di acquisto e di consumo.
I pesticidi, il cui nome corretto sarebbe “prodotti fitosanitari o fitofarmaci”, vengono utilizzati per mantenere in buona salute le colture, impedirne la distruzione da infestazioni e malattie e, di conseguenza, garantire una produzione agricola stabile e abbondante, importante per far fronte alla sempre maggior richiesta.
Fanno parte dei prodotti fitosanitari: erbicidi, fungicidi, insetticidi, acaricidi, fitoregolatori e repellenti. Sono utilizzati soprattutto nel settore agricolo, ma anche in ambienti domestici, per esempio nel proprio giardino e/o orto.
Questi prodotti contengono almeno una sostanza attiva, ovvero un composto chimico o un determinato microrganismo, che permette al pesticida di svolgere la sua funzione. L’uso indiscriminato di queste sostanze attive, tuttavia, può nuocere alla salute di esseri umani, animali e ambiente e proprio per questo motivo è di fondamentale importanza che tutti i pesticidi immessi sul mercato siano stati precedentemente testati e autorizzati, dimostrando di non essere nocivi né per la salute umana né per l’ambiente.
All’interno di un prodotto fitosanitario, oltre alla presenza di una o più sostanze attive, possiamo ritrovare altre molecole, tra cui:
Il regolamento CE n° 1107/2009 si occupa di stabilire le norme per l’autorizzazione, l’immissione sul mercato, l’impiego e il controllo dei prodotti fitosanitari all’interno dell’Unione Europea (UE).
È bene sottolineare come nessun pesticida possa essere commercializzato e utilizzato nell’UE previa autorizzazione, quest’ultima avviene in due step. In un primo momento l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) valuta approfonditamente le sostanze attive contenute nei prodotti fornendo una consulenza scientifica indipendente. In caso di parere positivo, il che assicura l’assenza di pericolo nell’impiego di tale sostanza, la Commissione Europea può autorizzarne l’utilizzo. Successivamente a questo primo step ogni Stato Membro (più Norvegia e Islanda) può valutare e commercializzare il prodotto fitosanitario a livello nazionale.
È importante sottolineare come questa prima autorizzazione ha una validità, generalmente, di 10 anni. Al termine di questo periodo, se si desidera continuare ad utilizzare la sostanza attiva per i prodotti fitosanitari, si dovrà fare domanda di rinnovo che comporterà un nuovo esame da parte di EFSA sulla sostanza, per assicurare che sia ancora sicura per uomo, animali e ambiente.
Prima del 1993, anno in cui è stata introdotta questa procedura per l’immissione sul mercato e utilizzo dei pesticidi, vi erano in circolo più di 1000 sostanze attive. Di queste, la Commissione Europea ne ha approvate solo 250, quelle che non hanno trovato autorizzazione sono state rimosse dal mercato, contribuendo alla sicurezza degli alimenti che consumiamo.
Piccole quantità di pesticidi, definite residui, possono persistere negli alimenti che troviamo nei nostri piatti. Questa contaminazione può essere diretta, quindi derivare dall’utilizzo di prodotti fitosanitari in agricoltura in un vero e proprio trasferimento “dal campo alla tavola”, oppure possono trovarsi nelle acque potabili, nel suolo o nei mangimi per animali e giungere così, indirettamente, a noi.
Elevate quantità di questi residui possono costituire un pericolo per la nostra salute, per questo motivo è necessario che la loro presenza negli alimenti sia la più bassa possibile. Questo problema viene trattato dal regolamento CE n° 396/2005, il quale stabilisce il quadro legislativo per quanto riguarda i livelli massimi di residui (LMR) per i prodotti di origine vegetale, animale e mangimi.
Gli LMR sono definiti come i tenori massimi di residui di pesticidi ammessi per legge all’interno o sulla superficie di alimenti e mangimi. Vengono stabiliti presupponendo che a monte siano applicate le buone pratiche agricole, ovvero l’utilizzo sicuro e secondo etichetta dei prodotti fitosanitari, e tenendo conto dei soggetti più vulnerabili, come i bambini.
Anche in questo caso è l’EFSA ad occuparsi di stabilire o modificare i livelli massimi di residui. Essa valuta le proprietà della sostanza attiva, l’uso previsto, il comportamento di eventuali residui e i possibili effetti tossicologici (immunotossicità, effetti nocivi al sistema endocrino, tossicità nelle fasi di sviluppo etc.) che possono riversarsi sulla salute dei consumatori qualora i residui dovessero permanere negli alimenti.
Se la valutazione del rischio non evidenzia criticità per il consumatore si stabiliscono degli LMR armonizzati a livello dell’Unione Europea, consentendo così di garantire un elevato livello di tutela dei consumatori europei e di eliminare gli ostacoli agli scambi commerciali tra gli Stati Membri.
Per quanto riguarda alimenti e mangimi prodotti al di fuori dell’UE è possibile che vengano attuate pratiche agricole differenti che possono portare a livelli di residui diversi. Anche in questo caso sono stabiliti degli LMR che tengono sì conto delle differenti realtà dei paesi non UE, ma che garantiscono, in ogni caso, l’assenza di pericolo per il consumatore.
I controlli sugli LMR sono svolti rigorosamente ogni anno, da un lato abbiamo uno specifico piano di controllo coordinato dall’Unione Europea che stabilisce quali alimenti e in quale quantità ogni Stato deve analizzare, mentre dall’altro vi è un programma di controllo nazionale in cui ogni Stato Membro effettua le proprie analisi decidendo in autonomia su quali cibi concentrarsi sulla base di diversi fattori (ad esempio quelli che sono più rappresentativi della dieta della popolazione, oppure quelli che si presuppone essere più a rischio di superare gli LMR). I risultati, poi, vengono trasmessi all’EFSA, alla Commissione Europea e ad ogni altro Stato facente parte dell’UE.
Sempre EFSA si occupa di stilare un rapporto annuale sui residui di pesticidi negli alimenti, riassumendo le informazioni ricevute dai programmi di controllo sopracitati.
Il report più recente, ad oggi disponibile, è quello riferito all’anno 2022. Secondo tale rapporto sono stati esaminati più di 110.000 campioni (sommando quelli del programma UE e dei programmi di controllo nazionali), di questi, il 59% non riportava livelli di residui quantificabili dagli strumenti, il 37,3% conteneva livelli di residui inferiori agli LMR e il 3,7%, invece, riportava livelli superiori a quelli stabiliti. Di quest’ultimi, il 2,2% ha richiesto l’intervento di misure legali (sanzioni, attivazione del sistema di allerta rapido RASFF etc.).
Oltre all’analisi degli LMR in vari alimenti, EFSA si occupa di analizzare l’esposizione alimentare dei residui di pesticidi e gli eventuali rischi per la salute dei consumatori. Questo tipo di controllo tiene in considerazione i rischi sia di un’esposizione acuta che cronica e viene effettuata utilizzando un modello di calcolo sviluppato da EFSA stessa, validato a livello internazionale, che sfrutta i dati dei consumi alimentari dei vari paesi. Sulla base della valutazione, nel rapporto 2022, si è concluso che il rischio per la salute dei consumatori derivante dall’esposizione alimentare stimata ai residui è basso.
Una domanda che può sorgere spontanea, a questo punto, è: meglio acquistare prodotti biologici?
La risposta è che non abbiamo ancora abbastanza dati a disposizione per affermare che i vegetali coltivati secondo le regole dell’agricoltura biologica siano migliori, anche dal punto di vista dell’impatto sulla salute, rispetto a quelli coltivati in modo convenzionale.
Quando si parla di agricoltura biologica si pensa ad un metodo di coltivazione del tutto privo di pesticidi, in realtà è proibito l’utilizzo di pesticidi di sintesi, ma è permesso l’uso di prodotti fitosanitari di origine vegetale o animale, così come di microrganismi. Sicuramente questo comporta dei vantaggi, come un minor inquinamento ambientale, ma non la certezza che i prodotti bio siano privi di residui, sia di origine “naturale” sia di sintesi, ad esempio perché non è possibile escludere la variabile della contaminazione incrociata.
Diversi studi, infatti, hanno analizzato i residui di pesticidi nei prodotti biologici. Tra questi una revisione sistematica ha concluso come vi sia minor probabilità (ma che questa non sia pari a 0) di riscontrare residui di pesticidi nei prodotti biologici rispetto a quelli convenzionali, ma che mancano ancora le evidenze necessarie per poter definire i primi migliori dal punto di vista dell’impatto sulla salute.
Anche il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro (World Cancer Research Fund – WCRF) sostiene che non vi siano prove che un’alimentazione basata su frutta e verdura di origine biologica possa contribuire alla riduzione del rischio di sviluppare tumori, se comparata con una dieta con i medesimi alimenti coltivati secondo l’agricoltura convenzionale. Sottolinea, infatti, come per la prevenzione oncologica sia fondamentale consumare frutta e verdura, così come cereali e legumi, indipendentemente dal metodo di coltivazione utilizzato.
Leggi anche: Prodotti biologiciLavare accuratamente sotto acqua corrente frutta e verdura è un’azione raccomandata, in primis per rimuovere la sporcizia (polvere, terra etc.) che può essersi depositata sulla superficie durante i vari step interposti tra il momento della raccolta e l’esposizione della merce sullo scaffale, in secondo luogo perché molti residui di pesticidi possono essere ampiamente allontanati mediante lavaggio.
Diversi studi hanno cercato di individuare le tecniche più efficaci nel ridurre i residui dei prodotti fitosanitari. Uno, in particolare, si è concentrato su cinque diversi tipi di verdura a foglia che, a causa della loro superficie ampia e spesso irregolare, possono essere più complicate da lavare rispetto ad altri vegetali. I ricercatori hanno confrontato 9 diversi metodi (tra cui il semplice lavaggio sotto acqua corrente, il lavaggio con acqua aggiunta di altre soluzioni - ad esempio l’aceto di vino -, la bollitura etc.) concludendo che il primo, quindi il semplice lavaggio sotto acqua corrente, portava al maggior allontanamento di residui, seguito dal processo di bollitura.
In accordo con questa conclusione anche gli altri studi, le cui evidenze permettono di inserire anche il processo di sbollentatura, ovvero l’immersione rapida delle verdure in acqua portata ad ebollizione, generalmente per meno di 5 minuti, tra i metodi in grado di diminuire i residui di pesticidi.
Ad oggi, l’utilizzo di prodotti fitosanitari in agricoltura è cruciale per garantire buoni livelli produttivi in grado di soddisfare la domanda della popolazione. Grazie alla continua ricerca scientifica è stato possibile, negli anni, selezionare quelle sostanze attive che si sono dimostrate sicure per la salute, eliminando dal mercato quelle che invece non lo erano. È importante sottolineare, soprattutto se si utilizzano pesticidi per il proprio orto/giardino, come rispettare la modalità d’impiego del prodotto (dosi, tempi di sospensione etc.) sia essenziale per garantire la sicurezza del prodotto stesso.
Fondamentali, poi, sono i costanti controlli sui livelli massimi di residui (LMR) che permettono di agire laddove questi limiti non sono rispettati e tutelare così la salute del consumatore.
Per quanto riguarda la possibile esposizione alimentare ai residui, abbiamo visto che un lavaggio accurato sotto acqua corrente è già un buon metodo per allontanarli. Altre azioni, come sbucciare o pelare i vegetali, cuocerli o sbollentarli, possono ulteriormente ridurre il contatto con i residui.
Attenzione però, è importante sottolineare che rimuovere lo strato esterno di alcuni vegetali, come nel caso delle arance, ha senso perché quella parte non viene generalmente consumata. Tuttavia, non è necessario eliminare la buccia di frutta e verdura che si consumano abitualmente con essa, come le mele, a meno che non ci siano altre motivazioni specifiche. Ricordiamo, infatti, che lo strato più esterno dei vegetali è una preziosa fonte di fibre e micronutrienti. La scienza, valutando rischi e benefici, ci indica che i vantaggi per la salute nel consumarlo superano di gran lunga i potenziali rischi.
In conclusione, possiamo affermare che l’uso corretto dei prodotti fitosanitari autorizzati e i rispettivi residui, ad oggi, non costituiscano un problema per la salute dell’uomo. Non trova quindi una giustificazione scientifica la paura nel consumare vegetali coltivati secondo il metodo convenzionale. È invece importante maturare una percezione più equilibrata dell’argomento, in cui si riconosce il ruolo cruciale dei prodotti fitosanitari per l’agricoltura, ma si mantiene una giusta attenzione verso l'uso responsabile e la necessità di continuare a monitorarne gli effetti sulla salute e sull'ambiente.
È di dovere ricordare, infine, come le principali linee guida nazionali e internazionali sostengano l’importanza di consumare quotidianamente frutta e verdura e, più in generale, un’alimentazione basata in gran parte su alimenti di origine vegetale, indipendentemente dal fatto che questi prodotti siano di origine biologica o provengano da coltivazioni convenzionali.