Parlando di polifenoli, ci riferiamo ad oltre 8000 composti molto eterogenei tra loro, diffusi nel regno vegetale. Sono sostanze fondamentali per la fisiologia delle piante, contribuiscono alla resistenza nei confronti di microrganismi, luce e insetti, e sono responsabili di alcune vivaci pigmentazioni che attraggono gli insetti impollinatori e permettono così la riproduzione tra piante e la dispersione dei semi.
I polifenoli non sono necessari per la crescita e lo sviluppo umano, né per il mantenimento delle normali funzioni dell’organismo. Tuttavia, numerosi studi sostengono che almeno parte degli effetti protettivi che gli alimenti vegetali svolgono nei confronti delle malattie croniche possa essere dovuta ai polifenoli.
Nonostante gli studi di laboratorio abbiano osservato numerose attività interessanti e promettenti, le ricerche effettuate sull’uomo incontrano costantemente una serie di difficoltà nel confermare tali dati. I risultati provenienti da studi di popolazione, ad esempio, sono di difficile interpretazione a causa della presenza concomitante di più composti fenolici negli alimenti. Gli studi di intervento nutrizionale, invece, sono influenzati dalla variabilità con cui ogni singolo individuo risponde al consumo di polifenoli. Tali composti, infatti, subiscono una serie di modifiche all’interno dell’organismo, prima a livello dell’intestino tenue e in seguito nel fegato. Anche il microbiota, l’insieme dei microrganismi che popolano il nostro intestino, può causare variazioni strutturali in questa sede, alterando la struttura e la funzione dei composti originali. I nuovi composti trasformati possono a loro volta esercitare effetti a livello sistemico, quindi si dovrà attendere che la scienza completi una classificazione delle varie risposte al consumo di specifici polifenoli, individui le principali forme di polifenoli trasformate (che sono diverse da quelle presenti negli alimenti) e che ne descriva le attività rilevanti sulla fisiologia umana.
Nel frattempo, possiamo limitarci a conoscere le principali classi di polifenoli e le loro fonti alimentari, in modo tale da variare l’alimentazione ed assicurarci un buon apporto di tali composti, unitamente alla fibra e ai micronutrienti, anch’essi caratteristici del mondo vegetale.
Per semplificare, i composti più studiati si possono classificare in due gruppi principali: i flavonoidi e le molecole non flavonoidi.
Conosciuti anche come catechine, i flavan-3-oli rappresentano una sottoclasse molto complessa di flavonoidi, che varia da piccole strutture chimiche come le semplici catechina e epicatechina, fino a strutture più complesse come le proantocianidine. Le catechine possono anche far parte di strutture chimiche più complesse, come nel caso dell’epicatechina gallato e dell’epigallocatechina gallato.
Tra le molte attività biologiche studiate, le più degne di nota sono quelle sulla funzione endoteliale. Numerosi studi hanno, infatti, osservato che il consumo di alimenti ricchi di flavon-3-oli è associato ad un effetto positivo sui livelli di pressione arteriosa, in particolare sui soggetti ipertesi, e sull’elasticità dei vasi, fattori fondamentali per la salute cardiovascolare.
I flavan-3-oli sono presenti in molti tipi di frutta fresca e nella frutta a guscio. Ne sono particolarmente ricchi, inoltre, il cacao, il tè verde e il tè nero.
Per garantire un buon contenuto di flavonoidi nel cioccolato, si raccomanda il consumo di cioccolato fondente al 70%. Rappresenta il giusto compromesso tra contenuto di grassi, zuccheri ed effetti benefici per la salute.
Per garantire un buon contenuto di catechine negli infusi di tè verde e nero, è preferibile lasciare in infusione le foglie almeno 5 minuti. Le bevande, in bottiglia o lattina, a base di tè non rappresentano una valida alternativa, poiché ricche di zuccheri aggiunti e povere di polifenoli.
I flavonoli costituiscono la sottoclasse di flavonoidi più diffusa negli alimenti. I più noti rappresentanti sono la quercetina e il kaempferolo, presenti in maniera quasi ubiquitaria nel regno vegetale. I flavonoli sono presenti negli alimenti in forma glicosilata, legati cioè ad una molecola di zucchero. A livello intestinale esistono specifici enzimi in grado di rompere alcuni dei legami con lo zucchero e permettere l’assorbimento di tali polifenoli. I flavonoli che invece raggiungono intatti il colon, vengono separati dallo zucchero grazie all’attività di specifici microrganismi, permettendone l’assorbimento. Per tale motivo, gli studi di biodisponibilità dei polifenoli mostrano due picchi, che rispecchiano i due momenti in cui aumenta la concentrazione di flavonoli nel sangue.
Tra le molte attività biologiche studiate, quelle che hanno ottenuto maggiori conferme dagli studi sull’uomo sono quelle riguardanti la salute cardiovascolare. È stato, infatti, osservato in diversi studi che il consumo di alimenti ricchi di flavonoli, nel contesto di una dieta sana ed equilibrata, è associato ad un ridotto rischio di malattie cardiovascolari. Studi preliminari, invece, associano alla quercetina un effetto protettivo nei confronti del diabete di tipo 2, in particolare grazie alla sua attività di regolazione della risposta insulinica.
Frutta fresca, ortaggi e verdure a foglia sono ottime fonti di flavonoli. Presentano un buon contenuto anche il vino rosso, il tè e il cacao.
I flavonoli sono presenti soprattutto nei tessuti più esterni (buccia e foglie), in quanto la loro produzione da parte della pianta è stimolata dalla luce. La concentrazione infatti può aumentare fino a dieci volte nelle foglie più esterne e scure, rispetto alle foglie chiare più interne. Proprio per la diversa proporzione tra buccia e polpa, a parità di peso, i pomodorini contengono più flavonoli rispetto ai pomodori più grandi.
Tra i vegetali più ricchi di quercetina, vale la pena citare la cipolla, gli asparagi, il cavolo riccio (o kale), la lattuga, i semi di chia, i capperi e l’uvetta.
L’assorbimento di quercetina viene migliorato dalla presenza di grassi all’interno del pasto. Condire con olio extravergine d’oliva gli ortaggi che ne sono ricchi, o abbinare della frutta a guscio, naturalmente ricca di grassi cosiddetti “buoni”, alla frutta fresca o essiccata durante gli spuntini, rappresenta un’ottima strategia per avere un buon assorbimento di questi fitocomposti.
Le antocianine sono una sottoclasse di flavonoidi responsabili del colore rosso, blu e porpora di molte strutture vegetali, quali foglie, petali, bacche e radici.
La funzione delle antocianine nelle piante è principalmente legata alla protezione dalla luce solare e all’attrazione degli insetti impollinatori. Tra le antocianine più comuni e diffuse troviamo la cianidina, una molecola dal colore rosso-arancio. Il colore di questa molecola, così come per tutte le antocianine, può comunque variare in base al pH dell’ambiente in cui si trova.
Tra le molte attività biologiche studiate, le più degne di nota sono quelle sulla funzione endoteliale: da alcuni studi è emerso che il consumo di alimenti ricchi di antocianine è associato ad un’azione positiva sulla funzione endoteliale dei vasi sanguigni, con un conseguente miglioramento dei valori della pressione arteriosa. Nonostante ciò, altri studi sull’uomo hanno prodotto risultati contrastanti, non permettendo quindi di attribuire un chiaro ruolo a questa sottoclasse di flavonoidi.
Studi di laboratorio stanno, inoltre, indagando l’interazione di alcune antocianine con i geni legati all’invecchiamento. L’attività di tali geni sembra infatti essere rallentata proprio da queste molecole.
Il contenuto di antocianine nei vari alimenti è generalmente proporzionale all’intensità della loro colorazione e al grado di maturazione. Sono fonte di tali composti tutti i vegetali di colorazione rossa, blu, viola e nera, come melanzane, cavolo cappuccio rosso, patate viola, radicchio, riso nero e fagioli neri (riso e fagioli rossi invece ne sono praticamente privi). Tra i frutti rossi e viola, vale la pena citare fragole e frutti di bosco, ciliegie, melagrana, arance rosse, uva e prugne nere.
Durante la cottura si può perdere dal 50 fino all’80% delle antocianine, in base al tempo e alla temperatura impiegata. Sarebbe ideale cuocere gli ortaggi che ne sono ricchi al vapore o in poca acqua, al massimo 7-8 minuti. Quando possibile, prediligere il consumo a crudo, come nel caso del cavolo cappuccio rosso e del radicchio.
Per beneficiare del contenuto di antocianine in frutti come arance rosse, prugne, ciliegie, meglio consumarli freschi e di stagione.
Grazie alla loro struttura chimica simile agli ormoni estrogeni, gli isoflavoni vengo classificati come “fitoestrogeni”. La capacità di queste molecole, infatti, è quella di legarsi ai recettori degli estrogeni presenti nell’organismo con effetti diversi, soprattutto in base al livello di ormoni estrogeni circolanti. Essi possono agire come agonisti (quindi mimando gli effetti degli estrogeni) oppure come antagonisti (quindi inibendone gli effetti).
I principali composti appartenenti a questa sottoclasse di flavonoidi sono la daidzeina e la genisteina.
Gli isoflavoni introdotti con la dieta sono generalmente trasformati dal microbiota intestinale (l’insieme dei microrganismi che popolano il nostro intestino) in metaboliti, ovvero prodotti del metabolismo, che a loro volta vengono assorbiti e, una volta in circolo, svolgono varie attività. Tra i numerosi metaboliti dei flavonoidi, l’equolo è quello maggiormente studiato. La capacità di trasformare i flavonoidi in equolo tuttavia è molto soggettiva, redendo difficile lo studio dei benefici legati al consumo di alimenti ricchi di tali composti.
Esistono evidenze legate al loro effetto benefico sulla densità ossea, in particolare nelle donne in menopausa, e sulla riduzione delle vampate tipiche della menopausa.
Alcuni studi clinici hanno, inoltre, evidenziato un ruolo degli isoflavoni nella riduzione del colesterolo totale e dei trigliceridi.
Ad oggi, nessuna di queste attività è stata dimostrata in maniera definitiva.
Gli isoflavoni sono ben rappresentati nei legumi, principalmente nella soia e nei prodotti derivati. Fonti alimentari minori sono la frutta secca e qualche verdura.
La soia può essere consumata in semi, come gli altri legumi, sotto forma di zuppa o piatto freddo. Si trova in commercio sia secca che surgelata. Il tofu al naturale, di tanto in tanto, può sostituire una porzione di legumi. Attenzione invece ai prodotti a base di soia sostitutivi della carne, come burger e crocchette. Oltre ad essere ricchi di ingredienti poco salutari, come sale e grassi saturi, contengono generalmente una quantità ridotta di soia.
L’utilizzo di integratori a base di fitoestrogeni, invece, va sempre discusso prima con il proprio medico.
Molti composti appartenenti alla sottoclasse dei flavanoni sono sensorialmente caratterizzati da un forte sapore amaro, come la neoesperedina e la naringina. Insapore è invece l’esperidina, altro composto molto diffuso appartenente a questa sottoclasse di flavonoidi.
Tra le molte attività biologiche studiate, quelle più degne di nota sono quelle sull’apparato cardiovascolare. Un grosso numero di studi ha concentrato la propria attenzione su come i flavonoidi, principalmente quelli derivanti dagli agrumi, abbiano, almeno in laboratorio, la capacità di abbassare la pressione arteriosa e di ridurre i livelli di colesterolo e di trigliceridi circolanti.
Nonostante gli effetti dei flavonoidi sulla prevenzione del rischio di malattie cardiovascolari siano promettenti, ad oggi i dati clinici sono ancora piuttosto scarsi.
Un’altra interessante proprietà attribuita ai flavanoni riguarda le cellule tumorali: sembrerebbe, sia da studi in vitro che in vivo, che questi fitocomposti siano in gradi di ridurre la crescita tumorale e la proliferazione delle cellule cancerogene inducendone l’apoptosi, il processo programmato di morte cellulare. Tuttavia, queste proprietà sono state evidenziate solo in laboratorio e con concentrazioni di flavonoidi maggiori rispetto a quelle abitualmente assunte tramite l’alimentazione.
I flavanoni sono presenti in diversi vegetali come pomodori e menta. Tuttavia, le fonti alimentari più ricche sono gli agrumi, quindi arance, limoni, pompelmo. Le parti del frutto più ricche di flavanoni sono l’albedo (lo strato interno bianco spugnoso) e le membrane interne che avvolgono gli spicchi.
Nelle preparazioni casalinghe sia dolci che salate, come torte, macedonie, insalate e secondi piatti, si possono utilizzare gli agrumi a fettine, o tocchetti, mantenendo le pellicine bianche. Oltre a donare un sapore leggermente amaro, si potrà così mantenere una buona quantità di flavanoni.
Gli stilbeni sono presenti nell’alimentazione umana in quantità molto basse. Il composto più conosciuto e più studiato di questa categoria è il resveratrolo, isolato inizialmente dalle radici di piante utilizzate nella medicina tradizionale cinese e giapponese.
Gli studi di laboratorio che hanno indagato le proprietà del resveratrolo sono numerosi e gli effetti osservati, in vitro, sono i più disparati, dall’attività antinfiammatoria a quella protettiva per i vasi sanguigni e di riduzione del rischio di tumore ed eventi cardiaci. Tuttavia, le concentrazioni utilizzate da tali studi sono decisamente superiori a quelle raggiungibili con la sola alimentazione. Inoltre, anche gli studi sull’uomo effettuati con utilizzo di estratti di resveratrolo non hanno, ad oggi, raggiunto tali concentrazioni, quindi non è possibile confermare nessuna delle attività biologiche ipotizzate.
Alcune uve, in particolare quelle utilizzate per la produzione del vino, sono ricche di resveratrolo. La buccia ed i semi sono le parti che contengono una concentrazione maggiore di tale composto. L’uva e il vino sono quindi considerate le principali fonti di stilbeni nell’alimentazione italiana. Una quota moderata di resveratrolo è inoltre contenuta nelle arachidi e nei derivati, come burro o crema di arachidi.
Non conoscendo ancora gli effetti benefici, tantomeno i possibili effetti negativi, legati al consumo di alte concentrazioni di resveratrolo, l’utilizzo di integratori a base di tale composto non trova una giustificazione scientifica. Inoltre, è bene tenere in considerazione che il vino rosso, seppur ricco di polifenoli, contiene etanolo, un potente cancerogeno. Pertanto, se si consuma, è bene non superare le dosi di un bicchiere al giorno per le donne, due per gli uomini.
Gli acidi fenolici rappresentano all’incirca un terzo di tutti i composti polifenolici presenti nella nostra dieta e, secondo alcuni studi, sarebbero associati a particolari proprietà sensoriali di certi cibi, come ad esempio il gusto astringente di frutti come mirtilli e more. Nonostante non si sappia ancora molto riguardo al loro ruolo all’interno delle piante, queste molecole sembrano essere collegate a molte funzioni sia strutturali e di protezione (infatti le maggiori concentrazioni si trovano nella buccia e nei semi della frutta) sia a funzioni fisiologiche quali assorbimento di nutrienti, sintesi proteica e fotosintesi.
A seconda della loro struttura, gli acidi fenolici vengono suddivisi in due grandi categorie di composti: i derivati dell’acido benzoico (come ad esempio l’acido gallico) e i derivati dell’acido cinnamico (acido caffeico e acido ferulico).
La proprietà più importante attribuita agli acidi fenolici è quella di antiossidante, ed è dovuta alla loro particolare struttura chimica, grazie alla quale sarebbero in grado di combattere lo stress ossidativo di cellule e tessuti.
In un recente studio in vitro è stato riscontrato anche un effetto antinfiammatorio sulle cellule del colon umano, e si pensa che questo potrebbe tradursi in un’attività benefica sulla salute dell’intestino.
In altri studi di laboratorio, inoltre, si sarebbero evidenziate delle proprietà antibatteriche. A tal proposito, si pensa che gli acidi fenolici potrebbero in futuro ricoprire un ruolo nella conservazione degli alimenti e come componente degli imballaggi alimentari, in quanto sono stati osservati effetti antimicrobici significativi quando questi venivano incorporati nella carne bovina e nei materiali per l’imballaggio alimentare.
Gli acidi fenolici si trovano abbondantemente in tutto il mondo vegetale, specialmente nei semi e nella buccia della frutta, in cui si riscontrano le massime concentrazioni. La frutta dal sapore acido, la frutta secca, alcune specie di funghi e la crusca dei cereali, in particolare il frumento, rappresentano gli alimenti con le quantità di acidi fenolici più significative. Tra le principali fonti alimentari di acidi fenolici, consumate abitualmente, ci sono vino, tè e caffè.
I lignani sono composti vegetali fenolici derivanti dall’aminoacido fenilalanina, e vengono metabolizzati dal microbiota, l’insieme dei microrganismi che abitano il nostro intestino, a dare i cosiddetti “lignani dei mammiferi” o enterolignani. Questi composti fanno parte della categoria di molecole chiamate fitoestrogeni, sostanze di origine vegetale che sono assimilabili sia dal punto di vista strutturale che funzionale agli estrogeni, i principali ormoni sessuali femminili. Molte delle funzionalità dei lignani all’interno dell’organismo, infatti, vengono espletate grazie a questa somiglianza chimica, che permette loro di legarsi ai recettori degli estrogeni imitandone o modulandone l’azione.
I lignani rappresentano delle sostanze di grande interesse in campo medico, evidenze sperimentali in laboratorio ne hanno suggerito un possibile effetto nel modulare la crescita tumorale. Secondo alcuni studi in vitro, infatti, queste sostanze sarebbero in grado di ridurre la proliferazione delle cellule tumorali, e in alcuni studi su animali, nutriti con diete ad alto contenuto di lignani, si è visto che questi erano soggetti a una minore incidenza di tumori. Per quanto riguarda l’uomo è stato suggerito che i lignani potrebbero avere un ruolo come fattori di protezione, in particolare per alcuni tipi di tumore ormono-sensibili, come quelli della prostata e della mammella. Tuttavia, gli studi su questa attività biologica sull’uomo sono ancora in corso ed è necessario continuare ad indagare per confermare o smentire tale associazione.
Inoltre, grazie alle loro attività antiossidanti, questi composti sembrerebbero in grado di ridurre il rischio di malattie cardiovascolari; anche in questo caso si tratta di studi preliminari che hanno bisogno di ulteriori ricerche per potere essere confermati.
Il contenuto di lignani negli alimenti è generalmente basso e non eccede i 2 mg per 100 g di alimento. I semi di lino e i semi di sesamo rappresentano però un’eccezione, contenendo quantità centinaia di volte maggiori rispetto alle altre fonti alimentari: 335 mg/100 g e 373 mg/100 g, rispettivamente. Tuttavia, cereali integrali, altri tipi di semi, frutta a guscio, frutta e verdura risultano essere comunque delle buone fonti.
Le concentrazioni maggiori di lignani si trovano nei semi di lino e di sesamo, ed entrambi possono essere utilizzati per le più disparate ricette. È stato osservato, però, che il contenuto di lignani nei semi di sesamo subisce una forte riduzione durante le cotture alle alte temperature, già a partire dai 100 °C. Condizione che non si presenta nella cottura dei semi di lino, fino anche a temperature di 250 °C. Via libera quindi all’utilizzo di quest’ultimi nella preparazione di prodotti da forno come ad esempio il pane ai semi di lino.
A questo proposito, secondo un articolo pubblicato sull’Italian Journal of Food Science, riguardo all’uso dei semi di lino nella produzione del pane, i semi porterebbero ad una aumentata estensibilità dell’impasto, ad una ridotta durezza della crosta e consentirebbero al pane di rimanere fresco per più tempo.
POLIFENOLI GENERALE
Phenol Explorer: Database on Polyphenol Content in Foods
FLAVAN-3-OLI
FLAVANOLI
ANTOCIANINE
La dieta SmartFood, Liotta E. con Pelicci P.G. e Titta L. (2016) Rizzoli, Milano
Le ricette SmartFood, Liotta E. con Titta L. (2016) Rizzoli, Milano
ISOFLAVONI
FLAVANONI
ACIDI FENOLICI
LIGNANI