Studi condotti da oltre 70 anni, su modelli animali, hanno dimostrato che la restrizione calorica, ovvero una riduzione dal 20 al 40% delle calorie, rispetto all’introito abituale, porta ad un allungamento della vita e ad una minore incidenza di malattie croniche (come patologie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e tumori).
Ricerche più recenti, che hanno indagato l’effetto di altre tipologie di restrizioni dietetiche sul metabolismo di vari organismi, ne confermano l’effetto positivo sulla salute che è addirittura superiore a quello osservato con la restrizione calorica.
Tali osservazioni derivano prevalentemente da studi condotti su modelli animali: ma cosa succede negli esseri umani?
L’effetto benefico delle varie tipologie di digiuno sulla salute di numerosi esseri viventi, deriva dal fatto che, in condizioni di scarsità energetica, l’organismo mette in atto dei meccanismi di protezione simile a quelli attivati nei periodi di carestia: cioè utilizza la poca energia rimasta per la tutela delle proprie cellule. Questa condizione procura una sorta di leggero stress che spinge il fisico a riattivare le sue difese cellulari, contro possibili danni a carico del DNA o di altre molecole.
I vari stimoli che provengono dall’ambiente che ci circonda (raggi solari, contaminanti ambientali e anche i nutrienti) sono, infatti, in grado di regolare l’accensione o lo spegnimento di specifici geni, influenzando, di conseguenza, i diversi processi metabolici.
Quando mangiamo in abbondanza, per esempio, il metabolismo viene attivato, in modo che le cellule possano ricavare dal pasto sia l’energia da utilizzare al momento, che quella da immagazzinare, nel grasso, come riserva. In questo modo, l’organismo è al massimo del vigore e può costruirsi una scorta energetica per i periodi di scarsità di viveri e per difendersi dal freddo. Questa strategia naturale ha permesso la nostra sopravvivenza ed evoluzione in tempi in cui supermercati, frigoriferi e riscaldamenti non esistevano ancora! Ma c’è un rovescio della medaglia: dopo ogni pasto, soprattutto se abbondante, il metabolismo energetico genera nelle cellule anche la produzione dei cosiddetti radicali liberi, una sorta di “gas di scarico” derivato dai processi di combustione del motore cellulare, che favorisce la degenerazione delle cellule stesse e quindi fenomeni come l’invecchiamento e lo sviluppo delle malattie croniche. Al contrario, quando si è in una situazione di carenza energetica, i cambiamenti del metabolismo stimolano una sorta di pulizia delle cellule danneggiate che va sotto il nome di autofagia, questo meccanismo consente, infatti, la rimozione selettiva delle componenti cellulari che sono state irreparabilmente rovinate.
La maggior parte degli effetti positivi sulla salute, esercitati dalla restrizione calorica, sono stati osservati in modelli animali; sfortunatamente, però, numerose ricerche hanno dimostrato, che, specialmente quando protratta per lunghi periodi, la restrizione calorica provoca effetti negativi sulla salute degli individui.
Per trovare una strategia che migliorasse lo stato di salute generale delle persone, senza andare incontro ad effetti avversi, gli scienziati hanno studiato altri approcci, definiti genericamente come “restrizioni dietetiche”, che comprendono anche diversi tipi di digiuno: dal totale a quelli che non prevedono necessariamente una diminuzione dell’introito calorico.
Tra questi troviamo i digiuni intermittenti, schemi alimentari che alternano periodi di lunghezza variabile di astensione dal cibo a periodi in cui si può mangiare liberamente.
In questo gruppo, tra i più noti e studiati dagli scienziati, spicca il cosiddetto “digiuno intermittente 16/8 ore”, che prevede, ogni giorno, una finestra di tempo in cui si può mangiare di 8 ore, seguita da un digiuno di 16 ore (che include le ore di naturale digiuno notturno). A volte questa tipologia di digiuno può essere del tipo 12/12, ovvero la finestra di tempo in cui si può mangiare è di 12 ore e viene seguita da un digiuno notturno di altre 12 ore.
Rispetto all’efficacia di questi interventi, in particolare sull’insorgenza dei tumori, non abbiamo, ad oggi, ancora risposte convincenti, anche se le ricerche disponibili dimostrano che in soggetti che riescono a seguire il digiuno intermittente 12/12 o 16/8 ore, si riducono i cosiddetti marker indiretti, cioè gli indicatori di rischio di una malattia. Un marker indiretto, per esempio, è la glicemia, la cui riduzione può essere indicativa di un minor rischio di diabete di tipo 2. Tuttavia, non è ancora chiaro se la riduzione di questi marker di rischio sia associata ad un aumento dell’aspettativa di vita generale o ad una minore incidenza di tumori.
Al momento, sono in corso vari studi clinici per valutare la potenziale efficacia del digiuno intermittente 16/8 o 12/12 ore, come adiuvante durante le terapie oncologiche. Tuttavia, non si sono ancora ottenuti dati scientifici definitivi, sulla sua sicurezza ed efficacia, in questo contesto.
Inoltre, va ricordato che la pratica di qualsiasi tipo di digiuno, nei pazienti oncologici, può essere molto rischiosa perché aumenta il rischio di malnutrizione. Come accennato in precedenza, infatti, il nostro organismo è programmato per avere una riserva di energia molto efficiente: il tessuto adiposo, costituito da cellule in grado di immagazzinare l’energia sotto forma di grasso pronto per essere utilizzato. Anche se non si mangia per qualche tempo, dunque, l’organismo non rimane completamente privo di sostentamento: infatti, può attingere a questa fonte di grasso, contribuendo a consumarla. Tuttavia, l’organismo necessita anche di altri nutrienti essenziali, come vitamine, sali minerali, alcuni aminoacidi e acidi grassi, per i quali non esistono riserve. Non si può pensare, quindi, di smettere semplicemente di mangiare, senza fare danni ed incorrere in carenze nutrizionali, in particolare quando già ci si trovi in condizioni di fragilità.
Affinché qualsiasi tipologia di digiuno possa avere un ruolo nel trattamento di un tumore, abbinato alle terapie standard, sono necessari, quindi, ulteriori studi più ampi e convincenti. Ad oggi, infatti, non esistono linee guida nazionali o internazionali che ne raccomandino l’impiego e descrivano in che modo osservarlo.
Va, infine, specificato che probabilmente, anche in futuro, non sarà possibile identificare un’unica tipologia di digiuno adatta a tutti, ma andrà compreso, a seconda dei singoli casi, se e quale tipo di restrizione dietetica sia opportuno seguire.
Ciò che possiamo senza dubbio sostenere al momento è che, mentre il digiuno prolungato non è senz’altro esente da rischi per la salute, quello intermittente, che prevede il prolungamento del digiuno notturno, rappresenta la forma di restrizione dietetica meno difficile da intraprendere, sia dal punto di vista fisiologico che psicologico.
Gli effetti benefici del prolungamento del digiuno notturno sono stati osservati in un gruppo di circa 2400 donne statunitensi, che partecipavano allo studio Women’s Healty Eating and Living (WHEL). Tale indagine ha seguito, tra il 1995 ed il 2007, oltre 3000 donne con diagnosi di tumore al seno sottoposte, nel periodo di studio, a chemioterapia e/o radioterapia e/o ormonoterapia. I risultati hanno confermato che l’aumento delle ore di digiuno notturno correlava con una significativa riduzione del rischio di recidiva.
Gli studi ad oggi disponibili sul digiuno intermittente 16/8 condotti in adulti sani, non hanno evidenziato effetti collaterali particolarmente seri. Tuttavia, essendo ancora oggetto di studio, non esistono delle linee guida nazionali o internazionali che ne raccomandino la pratica e descrivano in che modo osservarlo. Di conseguenza, a meno che non sia stato valutato da un professionista della nutrizione, a seguito di un’analisi dello stato di salute generale del soggetto e delle sue esigenze, è sconsigliabile intraprendere, con il “fai da te”, questa e/o altre tipologie di restrizioni caloriche. Premesso questo, va detto che, tra le varie tipologie di restrizioni dietetiche, questa presenta delle caratteristiche che la rendono meno difficile da intraprendere rispetto ad altre.
Del resto, ogni giorno tutti si astengono dal cibo per almeno sei-otto ore: quindi non è una condizione sconosciuta per l’organismo e non è difficile da seguire: basta programmare la prima colazione e la cena a circa 12 ore di distanza, per esempio terminare la colazione verso le 8, la cena verso le 20 e non prevedere pasti fra le 20 e le 8 della mattina successiva.
Invece, è sconsigliato, in particolare per i pazienti oncologici, un digiuno protratto oltre le 12/13 ore, che può avere gravi conseguenze.
In conclusione, i consigli per contribuire al miglioramento della salute generale, anche per i pazienti oncologici, sono: