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Qual è il ruolo dell’alimentazione durante le terapie oncologiche?

Data 07 febbraio
2024
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12 min
#informazione #alimentazioneSalute

L’alimentazione rappresenta, per i pazienti oncologici, un valido supporto durante tutto il percorso di cura. È quindi un sostegno importante in questa delicata fase in cui la patologia e/o gli effetti avversi che tendono a verificarsi durante le terapie, possono modificare il modo di alimentarsi, con un notevole impatto sulla qualità di vita.

Qual è il ruolo dell’alimentazione durante le terapie oncologiche?

Cosa posso mangiare? È una delle domande che spesso le persone con una recente diagnosi di tumore rivolgono al proprio oncologo o al proprio medico. Complici le troppe fake news su un ipotizzato ruolo salvifico di alcuni alimenti, diete particolari o integratori durante la malattia, i pazienti risultano molto confusi su come alimentarsi. Chiariamo sin da ora che nessun alimento, dieta o integratore è in grado di curare il cancro.

Un’adeguata nutrizione, durante le terapie oncologiche, svolge un importantissimo ruolo di supporto, ed è un aspetto che certamente non va tralasciato, tuttavia in nessun caso si sostituisce ad esse. È inoltre nei diritti dei pazienti oncologici accedere ad un appropriato e tempestivo supporto nutrizionale.

Con questo articolo, s’intende fornire a chiunque sia interessato alla tematica, un quadro relativo al ruolo dello stato nutrizionale, e più in generale dell’alimentazione, durante i trattamenti oncologici. Non verranno quindi forniti consigli o suggerimenti pratici su cosa fare in caso di problemi nutrizionali, ma la lettura sarà utile per capire in che modo un’adeguata nutrizione può essere d’aiuto alle persone con una diagnosi di cancro e a chi rivolgersi in caso di necessità.

Tumori e stato nutrizionale

Lo stato nutrizionale del paziente oncologico può influenzare sensibilmente il suo percorso di cura, la risposta ai trattamenti anti-tumorali e la qualità della vita.

Il mantenimento, infatti, di un buono stato di nutrizione può ridurre il rischio di interruzioni o sospensioni delle terapie e quindi influenzare la sopravvivenza. Diversamente, uno stato di malnutrizione per difetto può avere un impatto negativo sull’iter terapeutico.

Avere un buono stato nutrizionale, nel contesto oncologico, aiuta quindi a:

  • preservare la massa magra;
  • ridurre le complicanze postoperatorie;
  • abbassare il rischio di infezioni e compromissioni dello stato immunitario;
  • avere una maggiore tolleranza alle terapie;
  • avere una migliore qualità di vita.

Inoltre, importanti cambiamenti nella composizione corporea possono avere un impatto sulla farmacocinetica di un gran numero di agenti farmacologici utilizzati per la cura del cancro, con possibili rischi di maggiore tossicità o di scarsa efficacia.

La malnutrizione è un problema piuttosto frequente nel paziente oncologico, che varia a seconda della sede tumorale coinvolta, del grado di avanzamento della malattia e dei trattamenti.

Il tumore di per sé può aumentare le richieste metaboliche dell’organismo e quindi produrre un deficit energetico che può portare ad un calo di peso. La presenza di un tumore porta ad un’infiammazione sistemica, sostenuta sia dall’organismo che produce molecole pro-infiammatorie per contrastare la neoplasia, sia dal tumore stesso che produce sostanze che hanno un effetto diretto nell’alterare il metabolismo di alcuni nutrienti. Tale infiammazione può portare ad una riduzione dell’appetito, a perdita di peso e ad alterazioni metaboliche.

Non solo, alcune neoplasie riducono l’apporto di nutrienti attraverso la normale alimentazione tramite impedimenti di tipo meccanico al passaggio di cibo lungo il tubo digerente, è il caso ad esempio dei tumori del tratto gastroenterico superiore o del cavo orale. Alcuni effetti collaterali dei trattamenti anti-tumorali, come la chemioterapia, possono anch’essi portare ad una modifica sostanziale delle abitudini alimentari. Infine, e non da ultimo, c’è da considerare anche l’impatto psicologico che la diagnosi e i trattamenti possono avere sui pazienti, con ripercussioni, talvolta, anche sulla dieta.

Le strategie terapeutiche anti-tumorali sono numerose e per ciascun paziente è possibile che venga pianificato, in base al tipo di tumore, alla sua progressione e alle condizioni del paziente stesso, uno schema che preveda anche più di un trattamento in combinazione o in successione ad altri. La chemioterapia può essere utilizzata, ad esempio, in un setting neoadiuvante, ossia prima di un intervento chirurgico, con lo scopo di ridurre le dimensioni del tumore e consentire una migliore riuscita dell’intervento, nel setting adiuvante viene iniziata invece dopo la chirurgia per ridurre la probabilità di recidiva. Immunoterapia e radioterapia possono essere impiegate per alcuni tipi di tumori da sole o in combinazione alla chemioterapia.

Ognuna di queste terapie può dare effetti collaterali diversi, per alcune tipologie di chemioterapia, ad esempio, è frequente che si manifestino inappetenza, nausea e vomito, così come infiammazione della mucosa del cavo orale, che può coinvolgere anche la faringe e l’esofago, fino alla formazione di piccole ulcere (mucosite). Al contrario dei chemioterapici, che hanno un’azione sistemica, i trattamenti radioterapici sono localizzati, esplicano quindi i loro effetti nella sede di trattamento. Poniamo ad esempio il caso di un trattamento radiante a livello del cavo orale, si potrà ipotizzare che gli effetti avversi che si manifesteranno saranno: difficoltà nella deglutizione o dolore, oppure alterazioni del gusto (disgeusia) fino all’incapacità di percepire sapori (ageusia) o odori (anosmia), oltre che secchezza della mucosa orale (xerostomia).

Chiaramente gli effetti collaterali citati a titolo di esempio, possono avere un impatto importante sulla capacità di alimentarsi e va precisato che sebbene per alcune terapie è possibile aspettarsi determinate reazioni, l’effettivo riscontro ed il grado d’intensità con cui si manifestano varia da paziente a paziente. Le informazioni relative ai possibili effetti avversi delle terapie vengono comunicate al paziente dall’oncologo prima di intraprenderle, e per alcune possono essere fornite in quella sede delle indicazioni mediche su come gestirle.

Alcune strategie nutrizionali possono essere di beneficio nella gestione degli effetti avversi delle terapie oncologiche, rappresentando un valido sostegno, di concerto alle terapie di supporto farmacologiche, laddove necessarie, quantomeno nel preservare l’alimentazione. Le indicazioni che possono essere fornite da professionisti della nutrizione, esperti in oncologia, devono essere personalizzate sulla base delle esigenze personali e cliniche del paziente e dei suoi fabbisogni nutrizionali. La presa in carico nutrizionale precoce del paziente oncologico, idealmente dal momento della diagnosi, per quei tumori a maggior rischio nutrizionale, consente di intercettare prontamente la comparsa di sintomi che possono compromettere l’assunzione di alimenti e, di conseguenza, peggiorare lo stato nutrizionale.

Le tipologie di tumori per cui frequentemente si osserva un impatto negativo sullo stato nutrizionale sono quelle del testa-collo, del tratto gastrointestinale, del polmone. Anche quei pazienti con tumori in stadio avanzato o che subiscono trattamenti chemioterapici ad alte dosi, radioterapia radicale, chirurgia addominale maggiore o trattamenti multimodali (combinati o sequenziali) possono andare incontro ad un calo di peso importante.  

Diversi studi hanno riportato che la presenza di malnutrizione nei pazienti oncologici varia durante la storia della malattia e può manifestarsi alla diagnosi o durante il percorso terapeutico, con prevalenze anche superiori al 50% per i tumori del polmone e del testa-collo, e superiori invece al 60% per quelli pancreatici e gastroesofagei.

Proprio perché la malnutrizione si può sviluppare in qualsiasi momento a partire da prima della diagnosi e persistere in corso di terapia attiva ed oltre, è caldamente raccomandata, in tutti i pazienti oncologici, l’esecuzione, da parte di personale sanitario adeguatamente formato, di uno screening nutrizionale attraverso strumenti validati (NRS-2002, MUST, MNA). Questo deve dovrebbe essere effettuato al momento della diagnosi e ripetuto sistematicamente, allo scopo di identificare precocemente pazienti con un rischio nutrizionale ed inviarli ad una valutazione specialistica appropriata ed approfondita dello stato nutrizionale.

Non tutti i pazienti oncologici incorrono in uno stato di malnutrizione per difetto. L’aumento non intenzionale di peso, infatti, può rappresentare un effetto collaterale di alcune terapie oncologiche oppure essere la conseguenza di una ridotta attività fisica e/o di un aumento dell’apporto energetico. Il guadagno di peso è più frequente in pazienti con tumore della mammella, della prostata o delle ovaie, le cui terapie, in particolare la terapia anti-ormonale, possono determinare un aumento ponderale.

La chemioterapia e l’utilizzo di farmaci steroidei possono inoltre influire sull’aumento di peso, spesso incidendo oltre che sul tessuto adiposo anche sui liquidi, determinando ritenzione idrica o in alcuni casi edema. I farmaci steroidei possono inoltre aumentare l’appetito, tale sensazione può portare a far mangiare più del necessario. Questo può rappresentare un vantaggio in quei pazienti che hanno perso molto peso e hanno bisogno di recuperarlo, ma chiaramente uno svantaggio in coloro che hanno un indice di massa corporea aumentato e che non hanno avuto calo di peso. Tuttavia, tali farmaci così come altri che possono essere prescritti dal medico-oncologo, sono essenziali per una buona riuscita del percorso di cure, è bene quindi attenersi scrupolosamente alle prescrizioni e sentire prontamente il proprio curante in caso di disturbi o effetti inaspettati.

Cos’è il supporto nutrizionale per i pazienti oncologici?

Per supporto nutrizionale s’intendono tutte quelle azioni, intese come interventi attraverso la dieta o la nutrizione artificiale, intraprese allo scopo di supportare il paziente durante tutto il suo percorso di cura, attraverso il mantenimento di un buono stato nutrizionale.

Tali interventi vengono messi in atto dopo un’attenta valutazione nutrizionale effettuata da un professionista della nutrizione, dietista o nutrizionista clinico esperto in oncologia, nella quale vengono valutati: la storia del peso, gli introiti alimentari, la composizione corporea, lo stile di vita ed infine stimati i fabbisogni nutrizionali del paziente.

Il counselling nutrizionale è il primo step attraverso cui si tenta di mantenere o migliorare l’assunzione alimentare attraverso la dieta allo scopo di soddisfare i fabbisogni nutrizionali. Non è da intendersi come un approccio dietetico prescrittivo, si tratta invece di un colloquio approfondito tra paziente e professionista della nutrizione, dietista o nutrizionista clinico, all’interno del quale si stabilisce una relazione collaborativa finalizzata all’ottimizzazione dell’introito calorico. Il professionista della nutrizione potrà poi fornire, in seguito al colloquio, delle indicazioni dietetiche personalizzate e adattate alla situazione clinica del paziente e alle sue abitudini.


Ricordiamo, che non esiste alcuna dieta anti-cancro, in assenza di problematiche particolari o di sintomi specifici, oppure di un’indicazione dell’oncologo ad escludere determinati cibi che potrebbero interferire con le terapie, non c’è ragione di eliminare alcun alimento. Anche chi ha ricevuto una diagnosi di tumore, se non diversamente consigliato dal personale medico, può continuare a seguire un modello di alimentazione di tipo mediterraneo, tenendo presenti le raccomandazioni del WCRF per la prevenzione oncologica.  

Certamente la normale alimentazione rappresenta la prima scelta per mantenere o aumentare l’apporto energetico e/o proteico, in assenza di particolari problematiche, e, in generale, quando il quadro clinico permette di raggiungere introiti adeguati ai fabbisogni. Tuttavia, talvolta l’alimentazione da sola non è sufficiente e spesso si rende necessaria un’integrazione con dei supplementi nutrizionali orali (ONS-da Oral Nutritional Supplements). Questi ultimi sono alimenti a fini medici speciali (AFMS), normati, pertanto, dal Regolamento Europeo 609/2013. Un AFMS, per essere tale, deve rispondere a tre punti della definizione espressa nella normativa:

  • un prodotto alimentare espressamente elaborato o formulato, da utilizzare “sotto controllo medico”;
  • destinato all’alimentazione (per via naturale o alla nutrizione enterale) completa o parziale di pazienti, compresi i lattanti, con capacità limitata, disturbata o alterata di assumere, digerire, assorbire, metabolizzare o eliminare alimenti comuni o determinate sostanze nutrienti in essi contenute o metaboliti, oppure con altre esigenze nutrizionali determinate da condizioni cliniche;
  • la cui gestione dietetica non può essere effettuata esclusivamente con la modifica della normale dieta.

Esistono ONS definiti come nutrizionalmente completi che sono bilanciati in tutti i nutrienti e in alcuni casi anche formulati in maniera specifica per essere adatti ad una patologia o a uno stato patologico (es. ONS per diabetici). Gli ONS definiti, invece, come nutrizionalmente incompleti possono contenere nutrienti specifici per soddisfare i fabbisogni di particolari condizioni (es. integratori di maltodestrine, aminoacidi ecc.).

Gli ONS possono essere di consistenza liquida, quindi da bere, oppure cremosa, una sorta di budini, o ancora in polvere, sia aromatizzati che non, da aggiungere ai cibi o alle bevande.

L’indicazione all’utilizzo di questi prodotti e la scelta della tipologia sono di pertinenza del personale sanitario dedicato al supporto nutrizionale (medico nutrizionista, dietista o nutrizionista clinico) e sono da intendersi come un’aggiunta alla dieta in atto.

Nei casi in cui l’apporto energetico rimanga inadeguato, nonostante counselling nutrizionale e ONS, il medico nutrizionista o l’oncologo potrebbe valutare un supporto tramite nutrizione artificiale. Si tratta di un atto medico e la definizione della Società italiana di nutrizione artificiale e metabolismo (SINPE) la identifica come “una procedura terapeutica mediante la quale è possibile soddisfare integralmente i fabbisogni nutrizionali di pazienti altrimenti non in grado di alimentarsi sufficientemente per la via naturale”.

Nei pazienti oncologici che non sono in grado di alimentarsi, di digerire o assorbire il cibo, la nutrizione artificiale può stabilizzare lo stato nutrizionale. La nutrizione artificiale può essere totale, nel caso in cui i fabbisogni nutrizionali vengano soddisfatti interamente ed esclusivamente da essa, oppure supplementare o parziale, quando viene utilizzata in maniera integrativa all’alimentazione orale o a una delle due tipologie di nutrizione artificiale. Esistono, infatti, due tipologie di nutrizione artificiale: enterale e parenterale. Nel primo caso la miscela nutrizionale viene somministrata sfruttando il tratto gastrointestinale, in assenza di sue compromissioni, attraverso sondini (es. sondino naso-gastrico o naso-digiunale) o stomie (es. gastrostomia o digiunostomia). Nel caso invece della nutrizione parenterale, la terapia nutrizionale viene infusa direttamente al circolo sanguigno, tramite accessi venosi centrali o periferici.

Il supporto della nutrizione artificiale può essere preso in considerazione anche come prima scelta in casi di malnutrizione severa o in previsione di un aggravamento della malnutrizione conseguente ad un’importante chirurgia o altro trattamento, che non consentirà di avere un adeguato apporto o assorbimento di nutrienti.

Entrambe le modalità di somministrazione, enterale e parenterale, sono considerate efficaci nel mantenere o migliorare lo stato nutrizionale in pazienti oncologici che necessitano di un intervento nutrizionale. Tuttavia, entrambe possono presentare limiti e controindicazioni, pertanto la scelta del tipo di nutrizione artificiale è successiva ad un’attenta valutazione medica del quadro clinico del paziente, del suo percorso terapeutico, dello stato nutrizionale e dei possibili rischi associati, al fine di ottenere una strategia di supporto nutrizionale ottimale e personalizzata ai bisogni del paziente.

A chi rivolgersi in caso di problemi nutrizionali?

In caso insorgano alla diagnosi, o durante tutto il percorso di cure, dei problemi di tipo nutrizionale, quindi calo di peso involontario, oppure comparsa di sintomi che compromettono la normale alimentazione, è opportuno rivolgersi, in prima battuta, al proprio oncologo e chiedere poi di essere indirizzati al servizio di dietetica e nutrizione clinica della struttura presso cui si è in cura. Nel caso in cui questo non fosse presente, è consigliabile rivolgersi ad un’altra struttura o a personale sanitario con documentate competenze in nutrizione clinica in ambito oncologico, per un’adeguata valutazione nutrizionale.

Purtroppo l’accesso a tali servizi non è del tutto uniforme sul territorio nazionale, in alcune regioni, in particole al sud e nelle isole, le strutture di nutrizione clinica sono fortemente carenti. Dal 2017 esistono le “Linee di indirizzo sui percorsi nutrizionali nei pazienti oncologici”, pubblicate dal Ministero della Salute e approvate in sede di Conferenza Stato Regioni nel luglio dello stesso anno. Il documento imporrebbe alle regioni di garantire a tali pazienti la valutazione tempestiva dello stato di nutrizione e la corretta gestione della terapia di supporto (counselling nutrizionale, ONS, nutrizione artificiale), per prevenire o trattare la malnutrizione.

Tuttavia, come detto, non tutte le regioni hanno implementato i percorsi auspicati dalle Linee di indirizzo, con una conseguente disomogeneità nell’accesso ai servizi e alle prestazioni, che, ci si augura possa migliorare quanto prima. In tal senso, fa sperare la pubblicazione, ad inizio 2023, da parte del Ministero della Salute del “Piano Oncologico Nazionale: documento di pianificazione e indirizzo per la prevenzione e il contrasto del cancro 2023-2027”, al cui interno, al punto 3.8 dedicato a “Il supporto nutrizionale”, si menziona tra gli obiettivi strategici la promozione e l’implementazione dell'intervento nutrizionale fondato su robusta documentazione di efficacia quale parte integrante del percorso diagnostico-terapeutico.