È opinione comune che il ferro contenuto nelle carni sia facilmente assorbibile dal nostro organismo, mentre quello da fonti vegetali non rappresenti una valida alternativa. Cosa dice la scienza?
La critica mossa al ferro presente nelle fonti vegetali è che venga assorbito in quantità minore rispetto a quello contenuto negli alimenti di origine animale.
L’idea che il “buon ferro” sia solo presente nella carne potrebbe far pensare che non disponiamo di valide alternative, spingendoci ad un suo eccessivo consumo. Ma non tutto il ferro della carne è altamente biodisponibile e, soprattutto, non facciamoci ingannare dall’idea che il suo intenso colore rosso sia solo sinonimo di energia, forza e salute.
Infatti, sebbene non ci siano dimostrazioni convincenti che un consumo moderato di carne abbia effetti negativi sulla nostra salute, al contrario un consumo eccessivo può rappresentare un probabile fattore di rischio per il tumore al colon-retto.
Il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro raccomanda di non consumare più di 500 grammi alla settimana di carne rossa (manzo, vitello, maiale, cavallo, pecora, capra e agnello), mettendo addirittura al bando le carni processate.
È vero che la carne è una delle principali fonti di ferro, ma esso è contenuto anche in alimenti di origine vegetale come legumi, ortaggi a foglia, semi oleosi, erbe aromatiche e frutta secca.
Più che classificare il ferro presente negli alimenti in “ferro da fonte animale” e “ferro da fonte vegetale” bisognerebbe distinguerlo in “ferro eme” e “ferro non eme”.
Mentre nel mondo vegetale è solo presente il ferro non eme, nel mondo animale coesistono entrambi e, in alcuni casi, il ferro non eme può rappresentare più della metà del ferro totale presente in una fonte di origine animale.
Sebbene il ferro non eme sia assorbito in quantità minore rispetto al ferro eme, esistono degli accorgimenti che permettono di aumentarne la biodisponibilità, quindi validi sia per quello contenuto nei vegetali che per la porzione non eme presente negli alimenti di origine animale.
In tal senso, risulta utile inserire all’interno del pasto in cui, per esempio, si stanno consumando i legumi, una fonte di vitamina C come il limone, il peperoncino fresco, le arance o il kiwi.