È oramai risaputo che il microbiota intestinale, ovvero l’insieme dei microorganismi che vivono nel nostro intestino, è in grado di influenzare lo stato di salute, andando a regolare numerosi processi biologici. Non sorprende, quindi, che questi microrganismi possano influire anche sull’attività del sistema immunitario, potenziando la sua capacità di eliminare le cellule tumorali.
I meccanismi alla base di questi effetti, tuttavia, non sono ancora del tutto conosciuti e molti gruppi di ricerca, in tutto il mondo, li stanno indagando.
Questa recentissima pubblicazione ha aggiunto un ulteriore importante tassello alla comprensione di questi processi, dimostrando che le nostre abitudini alimentari, influenzando tra le altre cose il microbiota intestinale, possono andare a modulare anche gli effetti dell’immunoterapia.
Tra le varie funzioni del sistema immunitario c’è quella di difenderci dalle cosiddette cellule “trasformate” (con particolari mutazioni a carico del DNA) che potrebbero dare origine, con il passare del tempo, ad un tumore. Talvolta però, le cellule mutate riescono a sfuggire a questo primo livello di difesa, riuscendo a non farsi riconoscere dal sistema immunitario e, addirittura, in un secondo tempo, reclutano alcune componenti cellulari portandole a difendere il tumore stesso e favorendone lo sviluppo.
Lo studio dei meccanismi alla base di questi fenomeni ha portato gli scienziati a mettere a punto varie tipologie di trattamenti, definiti “immunoterapie”, che hanno lo scopo di aumentare la capacità del sistema immunitario di riconoscere le cellule mutate e/o tumorali ed eliminarle con successo.
I 438 pazienti affetti da melanoma metastatico, che hanno preso parte a questo studio, erano sottoposti a trattamenti di immunoterapia chiamati “inibitori dei checkpoint immunitari” (ICI), in inglese “Immune Checkpoint Inhibitors (ICIs)”. Gli ICI - che negli ultimi anni hanno aumentato significativamente la sopravvivenza a lungo termine dei pazienti affetti da melanoma avanzato - sono anticorpi monoclonali in grado di bloccare l’attività di quelle molecole che impediscono a specifiche cellule immunitarie di distruggere le cellule tumorali. In questo modo, quindi, l’immunoterapia va a “rieducare” il sistema immunitario, ripristinandone la capacità di riconoscere, attaccare ed eliminare il tumore.
Per comprendere come la dieta e l’assunzione di supplementi a base di probiotici, potesse influenzare Ia risposta ai trattamenti con gli ICI, i ricercatori hanno studiato le caratteristiche clinico-patologiche, la prognosi e la composizione del microbiota dei 438 pazienti reclutati. In particolare, grazie alla compilazione di un questionario su stili di vita e abitudini alimentari, gli scienziati si sono concentrati sul quantitativo di fibre assunte con la dieta, il cui ruolo positivo sulla salute del microbiota è noto da tempo.
La risposta terapeutica all’immunoterapia è stata valutata radiologicamente in 293 pazienti: in 193 la riposta è stata positiva. All’interno di questo sottogruppo, i 128 che assumevano una quantità più alta di fibre con la dieta (che assumevano quindi legumi, cereali integrali, verdura e frutta) hanno tratto un maggior beneficio dall’immunoterapia. In particolare, tra questi 128, quelli che hanno consumato almeno 20 g al giorno di fibre (valore considerato “sufficiente” dai ricercatori) hanno mostrato una probabilità di sopravvivenza superiore: per ogni 5 grammi di aumento si è osservata una diminuzione del 30% del rischio di progressione della malattia. Al contrario, i risultati pubblicati su Science, hanno mostrato che l’assunzione di generici supplementi probiotici non era affatto associata ad una migliore risposta terapeutica. Infatti, i benefici più forti si sono osservati in quei pazienti che, oltre a consumare molte fibre nella dieta, non utilizzavano i probiotici.
Per stabilire se esistesse una relazione di causa-effetto, i ricercatori hanno analizzato, in parallelo, se l’assunzione di fibre e probiotici modulasse la risposta alle terapie in modelli animali. In accordo con i risultati osservati nei pazienti, è stato dimostrato che il gruppo che aveva assunto una dieta ad alto contenuto di fibre rispondeva molto meglio, e in modo statisticamente significativo, all’immunoterapia, rispetto al gruppo di controllo che seguiva una dieta povera di fibra. Ripetendo la stessa tipologia di esperimenti in animali privi di batteri nell’intestino (“germ-free mice”), l’aumento di fibra nella dieta non determinava alcun cambiamento nella risposta ai trattamenti. Quanto precedentemente osservato in animali normali, quindi, dipendeva dall’effetto che la fibra esercitava sul microbiota, variandone la composizione verso un aumento del numero di batteri che producevano una particolare tipologia di acidi grassi a catena corta ad effetto antitumorale. Questo cambiamento nella struttura del microbiota era simile a quello osservato nei pazienti che seguivano una dieta ricca di fibre.
Infine, gli animali che avevano assunto probiotici non solo non hanno avuto una migliore risposta all’immunoterapia, ma l’hanno addirittura peggiorata, sviluppando tumori di dimensioni superiori, rispetto ai controlli. Inoltre, negli stessi animali, si è osservato un indebolimento della risposta immunitaria che ha determinato, in prossimità dei tessuti adiacenti alla massa tumorale, una diminuzione delle componenti cellulari immunitarie in grado di eliminare le cellule cancerogene.
Sebbene moltissimi fattori, oltre alla composizione del microbiota, vadano ad influenzare la risposta all’immunoterapia nei pazienti affetti da melanoma avanzato, i risultati di questo studio sono molto promettenti, portando ad ipotizzare che, per chi si sottopone ad immunoterapia con gli ICI, ma non risponde adeguatamente ai trattamenti, la modulazione del microbiota possa rappresentare in futuro un’ulteriore opportunità per migliorare la risposta alle cure oncologiche.
Altri studi sono sicuramente necessari per approfondire le evidenze pubblicate su Science: in IEO si sta già lavorando in questa direzione.