Alimenti ultra-processati: quali sono e che rischi comportano per la salute?

24 febbraio
2023
Tempo di lettura
9 min
#informazione #alimentazioneSalute

Da alcuni anni la cosiddetta classificazione NOVA degli alimenti, basata sul grado di trasformazione industriale a cui questi sono sottoposti, è oggetto di dibattito nella comunità scientifica. Un elevato consumo di cibi definiti come ultra-processati, sembrerebbe associato ad un aumento del rischio di numerose patologie. Facciamo chiarezza in questo articolo.


Esistono svariati modi per classificare gli alimenti, per esempio, li si può suddividere in base alla propria specifica funzione e contenuto nutrizionale; distingueremo così dei gruppi alimentari: carne, pesce, uova, latte e derivati, cereali e derivati, tuberi, legumi, grassi e oli da condimento, frutta e verdura. Oppure è possibile raggruppare gli alimenti tenendo conto non delle loro caratteristiche nutrizionali, ma del livello di trasformazione industriale a cui sono sottoposti.

Nel 2009 un ricercatore brasiliano, C.A. Monteiro, propose per la prima volta una classificazione che distingueva inizialmente 3 gruppi di alimenti processati: i minimamente processati, le sostanze estratte da cibi utilizzate poi come ingredienti ed infine i prodotti ultra-processati. Nel suo commentary esortava ad evitare o a minimizzare il più possibile il consumo di alimenti ultra-processati per prevenire le malattie e mantenere un buono stato di salute. È nel 2016, però, che Monteiro, insieme ad un gruppo di colleghi dell’Università di San Paolo in Brasile, ha poi elaborato quella che ha chiamato classificazione NOVA degli alimenti, che tiene conto dell'entità e dello scopo della lavorazione degli alimenti, invece che del loro contenuto di nutrienti, come si era soliti fare prima di allora. In quel periodo la comunità scientifica ha iniziato ad indagare, attraverso degli studi, l’impatto del consumo di cibi processati sullo stato di salute.

Quali sono gli alimenti compresi nella classificazione NOVA?

La classificazione NOVA suddivide gli alimenti in quattro gruppi, in base all'entità e allo scopo della loro trasformazione industriale. Si possono quindi distinguere:

Sono compresi in questo gruppo sia parti commestibili di piante, animali o funghi a cui non viene applicato alcun processo di trasformazione, sia alimenti naturali sottoposti ad una minima lavorazione, effettuata con lo scopo di conservare gli alimenti o renderli sicuri, commestibili e palatabili. Appartengono al gruppo 1: frutta fresca, verdura, cereali, legumi, carne e latte.

Sono sostanze estratte dal gruppo 1 (ad esempio grassi, oli, zuccheri e amidi) o dalla natura (come il sale) utilizzate per cucinare e condire alimenti non trasformati o minimamente trasformati, che non vengono consumate quindi tal quali.

Include i prodotti industriali che vengono realizzati aggiungendo alimenti del gruppo 2 (ingredienti culinari trasformati) ad alimenti del gruppo 1 (alimenti non trasformati o minimamente trasformati). Esempi di alimenti compresi nel gruppo 3 sono: verdure in scatola in salamoia, frutta sciroppata e formaggio.

I cibi compresi nell’ultimo gruppo sono definiti come formulazioni di ingredienti, per lo più di uso industriale esclusivo, che risultano da una serie di processi industriali (quindi "ultra-elaborati"), molti dei quali richiedono apparecchiature e tecnologie sofisticate (ad esempio snack dolci e salati, carni in scatola, pizze e dolciumi industriali). Gli ingredienti caratteristici degli alimenti ultra-processati includono sostanze alimentari di uso culinario nullo o scarso, compresi zucchero, proteine e derivati dell'olio (ad esempio sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio, maltodestrina, isolati proteici e grassi idrogenati) e additivi formulati per rendere più appetibile il prodotto finale (ad esempio coloranti, aromi, esaltatori di sapore, emulsionanti, addensanti e dolcificanti artificiali).

Alimenti ultra-processati nella letteratura scientifica

La disponibilità ed il consumo di alimenti ultra-processati sono aumentati in modo significativo in tutti i paesi, indipendentemente dal loro livello economico. Questi alimenti rappresentano, infatti, una parte importante e crescente dell'offerta alimentare mondiale. Studi recenti hanno riportato che questi rappresentano una percentuale significativa, pari a circa il 50-60% dell’apporto energetico, nella dieta abituale del consumatore medio statunitense, canadese o britannico. Di contro, in Italia e in altri paesi del Mediterraneo sono stati registrati livelli decisamente inferiori di consumo di alimenti ultra-processati.

Da quando è stata fondata la classificazione NOVA, i ricercatori che si occupano di nutrizione in tutto il mondo hanno progressivamente osservato che l’elevato consumo di alimenti ultra-processati implica una scarsa qualità nutrizionale della dieta, essendo alimenti caratterizzati da notevoli quantità di zuccheri liberi o aggiunti, grassi, sale, bassi livelli di fibre e ad alta densità energetica. Un eccesso di questi prodotti nella dieta si associa ad avversi esiti metabolici e di salute, in una vasta gamma di popolazioni e contesti nazionali.

Una revisione del 2020 ha evidenziato che un'elevata assunzione di alimenti ultra-processati è associata ad un aumentato rischio di sovrappeso e obesità, rischi cardio-metabolici, tumori, diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari, nonché a condizioni come sindrome dell’intestino irritabile e depressione.

Inoltre, le prove suggeriscono un rischio più elevato di mortalità per tutte le cause con un elevato consumo di alimenti ultra-processati. Nessuno studio, considerato in questa revisione, ha riportato un'associazione tra consumo di tali alimenti e risultati benefici per la salute. La revisione ha anche mostrato che, invece, effetti protettivi si associavano a diete più ricche di alimenti non trasformati e minimamente trasformati.

Le evidenze circa i meccanismi alla base del legame tra consumo di alimenti ultra-processati ed esiti avversi per la salute stanno ancora emergendo. Alcuni dei meccanismi proposti, nella review del 2020, alla base di tale associazione, includono:

  • un profilo nutrizionale scadente dei cibi ultra-processati;
  • un carico glicemico più elevato;
  • una ridotta segnalazione di sazietà dall’intestino al cervello, che determina un aumento dell’apporto calorico totale;
  • la presenza di composti cancerogeni che possono formarsi durante le cotture ad alta temperatura, come l’acrilammide;
  • risposte infiammatorie legate a nutrienti acellulari e additivi alimentari industriali, disbiosi della microflora intestinale e aumento della permeabilità intestinale.

Inoltre, alcune caratteristiche degli alimenti ultra-processati possono promuoverne un’assunzione eccessiva, inclusa la loro spesso diffusa disponibilità, il basso costo e le pratiche di marketing intensive utilizzate per promuoverne l'acquisto e il consumo.

Alcuni dei risultati riscontrati dallo studio del 2020 hanno trovato conferma in una successiva pubblicazione del 2021, di natura più solida, trattandosi di una revisione sistematica e metanalisi. Confrontando gli effetti sulla salute nelle popolazioni con un alto consumo di alimenti ultra-processati rispetto a quelle con uno basso, si è evidenziato un profilo di rischio cardio-metabolico peggiore (riportato principalmente da un aumento del rischio di sovrappeso/obesità, circonferenza vita più elevata, livelli ridotti di colesterolo HDL e aumento del rischio di sindrome metabolica), ed un rischio più elevato di malattie cardio e cerebro-vascolari, depressione e mortalità per tutte le cause.

Gli autori della revisione sistematica e metanalisi, affermano, inoltre, che la letteratura disponibile presenta ancora diversi limiti: i metodi utilizzati per classificare questi alimenti negli studi necessitano di un'attenta revisione; tutto ciò riduce, quindi, l'applicabilità e la trasferibilità di questi risultati alla popolazione generale. Tuttavia, quanto emerso ha importanti implicazioni per la salute pubblica, in particolare per i responsabili delle politiche alimentari, che dovrebbero scoraggiare il consumo di alimenti ultra-processati e promuovere alimenti freschi e minimamente trasformati per migliorare lo stato di salute.

Molto interessanti, infine, i risultati di uno studio del 2022, che coinvolgeva un'ampia coorte di popolazione italiana, circa 22mila persone, del progetto epidemiologico Moli-sani, seguita per 12 anni. I ricercatori si sono chiesti in che modo il consumo di alimenti di scarso valore nutrizionale e di alimenti ultra-processati potesse influenzare il rischio di morte per tutte le cause e per cause specifiche. Per classificare gli alimenti in base al loro contenuto nutrizionale è stato utilizzato il Food Standards Agency Nutrient Profiling System, metodo con cui si deriva l’etichettatura degli alimenti front of pack Nutri-Score. È stata utilizzata, invece, la classificazione NOVA per discriminare gli alimenti in base al grado di lavorazione industriale.

Entrambi i sistemi Nutri-Score e NOVA erano già stati associati, separatamente, ad esiti peggiori di salute nelle coorti di popolazione in tutto il mondo, ma il loro impatto congiunto sulla salute non era ancora stato valutato prima di questo studio. Ciò che è emerso da questa nuova indagine è che parte dell’aumentato rischio di mortalità associato a una dieta povera di nutrienti, caratterizzato dall'aumento dei valori del Nutri-Score, è stato spiegato in modo significativo da un grado più elevato di trasformazione degli alimenti. L'assunzione di alimenti ultra-processati, al contrario, è rimasta associata all’aumento della mortalità anche dopo aver tenuto conto della scarsa qualità nutrizionale della dieta. Tali risultati suggeriscono, quindi, che il grado di lavorazione degli alimenti e la qualità nutrizionale coprano dimensioni diverse ma complementari, che dovrebbero essere entrambe considerate quando si analizza la relazione dieta-malattia. Ciò è in linea, secondo gli autori, con il presupposto che il potenziale salutare di un alimento non sia esclusivamente associato alla sua composizione nutrizionale ma anche al suo grado di lavorazione.

 

Alcuni ricercatori muovono delle critiche al sistema di classificazione NOVA, in particolare al fatto che non esistono parametri di riferimento oggettivamente misurabili, o precise referenze, che tengano conto dell'ampia gamma di metodi con cui gli alimenti vengono trasformati.

Questi ritengono, inoltre, che l'uso preferenziale degli alimenti delle prime categorie (gruppi NOVA 1 e 2) e la riduzione, o addirittura il divieto, del consumo degli alimenti della quarta (ultra-processati) non rappresenti uno strumento efficace per prevenire l'aumento di peso o l'obesità e l’insorgenza di patologie.

Basti pensare al fatto che le carni rosse sono inserite nel gruppo 1, quello degli alimenti non trasformati o minimamente processati, ed il loro consumo non andrebbe di certo caldeggiato. Esiste, infatti, una raccomandazione del Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro (WCRF) che suggerisce di non eccedere in un consumo superiore ai 500 grammi a settimana.

È necessario, poi, sottolineare che all’interno della categoria dei cibi ultra-processati, secondo la classificazione NOVA, rientrano solamente le preparazioni industriali e non quelle domestiche. Anche la preparazione casalinga dei cibi può risultare in prodotti finali con un eccesso di ingredienti poco salutari e che possono, potenzialmente, contenere sostanze nocive, a seguito di uno scorretto utilizzo delle temperature di cottura, che spesso non possono essere controllate in maniera efficace.

Infine, un’ulteriore critica mossa alla classificazione NOVA riguarda la percezione negativa dei consumatori circa la presenza di additivi alimentari nelle preparazioni industriali, ingredienti caratteristici degli alimenti ultra-processati. Bisogna, in effetti, ricordare che la sicurezza degli additivi è valutata in modo approfondito e continuo da istituzioni autorevoli, come l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), ed il loro uso è rigorosamente regolamentato e monitorato. Tale impiego è solitamente disciplinato dal principio di precauzione, che comporta la loro eliminazione dal mercato quando emergono plausibili dubbi circa eventuali effetti negativi sulla salute dei consumatori.

Alimenti ultra-processati e sana alimentazione: conclusioni

Non si può certamente distinguere il cibo soltanto in base al suo grado di trasformazione industriale, bisogna considerare anche la sua composizione nutrizionale e la quantità che se ne assume, ossia la porzione di consumo. Infine, anche la frequenza con cui si assumono determinati alimenti nell’ambito della propria dieta ha una notevole importanza.

Per fare un esempio pratico, la pizza è un alimento che può tranquillamente far parte di una sana alimentazione anche una volta a settimana, purché i restanti pasti siano curati e bilanciati. Una pizza margherita integrale surgelata, rientrerebbe nel gruppo dei cibi ultra-processati secondo la classificazione NOVA. Eppure, il prodotto in questione potrebbe benissimo avere una buona lista di ingredienti, tra cui anche la farina integrale. L’apporto di sale e la porzione di consumo potrebbero essere addirittura inferiori rispetto ad una pizza fatta in casa o consumata in pizzeria. Certamente bisogna sempre consultare con spirito critico l’etichetta degli alimenti confezionati e verificare la qualità nutrizionale del prodotto che intendiamo acquistare.

È giusto, nel momento dell’acquisto, scegliere prodotti il meno processati possibile per non incorrere in un eccesso calorico e di grassi saturi, sale e zuccheri, e optare, invece, per alimenti che apportino nutrienti utili alla salute. La dieta mediterranea, il modello alimentare ritenuto tra i più salutari e protettivi al mondo, non a caso è basata su un elevato apporto di alimenti minimamente processati, soprattutto di origine vegetale. Bisogna cercare di considerare il cibo che acquistiamo, il cibo che mangiamo, nella sua interezza e pensare sì al suo grado di trasformazione, ma anche ai nutrienti che apporta, a quanto scegliamo di consumarne e a come s’inserisce nella nostra dieta. Non da ultimo, è cruciale pensare anche all’impatto ambientale del prodotto che intendiamo acquistare.


Una dieta caratterizzata principalmente da un consumo di alimenti altamente processati non sarà sicuramente sana. Al contrario, un’alimentazione basata sulla dieta mediterranea, che talvolta possa anche prevedere uno sporadico e occasionale consumo di alimenti processati, in quantità adeguate, rimane comunque una valida opzione.





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