Molti i dubbi e le domande legati al consumo di caffeina, dove è contenuta? Quali effetti negativi può provocarne il consumo? È da evitare in gravidanza? Chi ha la pressione alta può bere caffè? A queste ed altre domande risponde il team Smartfood con questo articolo d’approfondimento.
La caffeina (1,3,7-trimetilxantina) è un composto chimico, un alcaloide, stimolante del sistema nervoso centrale che si trova in natura in diverse piante, più precisamente all’interno di:
Le concentrazioni di caffeina presenti in questi prodotti variano molto in base al tipo di prodotto e ai fattori agronomici e ambientali legati alla produzione.
La caffeina, oltre ad essere presente naturalmente in alcune piante, può essere prodotta sinteticamente per essere utilizzata come additivo nelle preparazioni alimentari, negli integratori e nei farmaci. La caffeina è presente anche nei cosiddetti energy drinks, spesso insieme ad altri ingredienti come la taurina e il glucuronolattone.
Il caffè rappresenta una delle principali fonti di caffeina, insieme al tè e al cioccolato. La caffeina è presente, inoltre, nelle bevande a base di cola e può essere aggiunta agli energy drinks. Il contenuto di caffeina negli alimenti può essere molto variabile, in base alla tipologia di alimento e ad alcune variabili legate alla sua produzione, come nel caso del caffè, basti pensare alle numerose varietà di chicchi di caffè e alle diverse modalità di preparazione: caffè americano, espresso, ecc.
È interessante notare come la fonte principale di caffeina nell’uomo, vari in base alle abitudini culturali e ai paesi, secondo i dati raccolti dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA). Per gli adulti europei il caffè rappresenta tra il 40% e il 94% dell’assunzione totale di caffeina. In Irlanda e Regno Unito, le abitudini cambiano, la fonte principale risulta infatti essere il tè. Per i bambini dai 3 ai 10 anni, nella maggior parte dei Paesi UE, il cioccolato, che comprende anche le bevande a base di cacao, è la fonte principale di caffeina, seguito da tè e bevande alla cola.
Mediamente i contenuti di caffeina nelle più comuni fonti alimentari sono:
Quando si parla di effetti del consumo di caffeina è importante considerare la differenza tra un effetto fisiologico e un effetto avverso dannoso. La caffeina può causare un leggero aumento della pressione sanguigna, reversibile a basse dosi, questo è un effetto fisiologico.
Essendo uno stimolante del sistema nervoso, tra gli effetti più comuni, apprezzabili dalla maggior parte dei consumatori di caffeina, vi sono l’aumento dell’attenzione, una migliore concentrazione e lucidità mentale e la riduzione della sonnolenza. Tali effetti sono sperimentalmente dimostrabili già a dosi inferiori ai 100 mg.
Gli effetti stimolanti possono verificarsi da 15 a 30 minuti dopo l’assunzione di caffeina e permangono per alcune ore. Negli adulti l’emivita della caffeina, ovvero il tempo che l’organismo impiega a eliminare il 50% della caffeina, varia ampiamente a seconda di fattori quali l’età, il peso corporeo, la gravidanza, l’assunzione di farmaci e lo stato di salute del fegato. Negli adulti sani, in media, l’emivita è di circa quattro ore, con oscillazioni dalle due alle otto ore.
L’abuso di caffeina può causare effetti indesiderati, a breve termine, come tachicardia, insonnia, ansia e disturbi gastrointestinali. Nelle donne in gravidanza consumi di caffeina superiori ai livelli di sicurezza, possono causare problemi di salute alla madre e al feto.
La caffeina può, nei forti consumatori, causare dipendenza, determinando un notevole desiderio di assumere alimenti o bevande che la contengono, in genere soprattutto caffè, scatenando i cosiddetti sintomi da astinenza: mal di testa, letargia e irritabilità, quando l’assunzione di caffeina viene bruscamente interrotta.
La gran parte della letteratura scientifica, tuttavia, afferma che per gli adulti sani della popolazione generale, un consumo moderato di caffeina di 400 mg al giorno non è associato a fenomeni di tossicità, effetti cardiovascolari, effetti sul metabolismo osseo o un maggior rischio di cancro.
La caffeina, inoltre, non sembra essere associata, a dosi moderate, in consumatori abituali e in salute, ad un aumentato rischio di malattie cardiovascolari totali, aritmia, arresto cardiaco, cambiamenti della pressione sanguigna e ipertensione.
Quindi, se non ricorressimo in modo esagerato ad altre fonti di caffeina, potremmo consumare 3 caffè nell’arco della giornata con assoluta tranquillità. Attenzione al caffè espresso “lungo”: al contrario di ciò che comunemente si crede, contiene concentrazioni maggiori di caffeina rispetto all’espresso normale o “ristretto”.
La soglia di sicurezza legata al consumo di caffeina è stata stabilita dall’EFSA in un report scientifico del 2015 e distinta in base alle fasce di popolazione:
L’EFSA ha stabilito che dosi singole di 100 mg di caffeina possono influire sulla durata e sulla qualità del sonno in alcuni adulti, soprattutto se consumate poco prima di andare a dormire. Attenzione, quindi, ad un consumo esagerato non solo di caffè, ma anche di altre fonti di caffeina come il cioccolato.
È consigliato in genere alle persone con ipertensione, ossia con elevati livelli di pressione arteriosa, di limitare il consumo di caffeina. Questi potrebbero risultare maggiormente sensibili agli effetti della caffeina. Sebbene un caffè al giorno non sembri rappresentare un rischio negli ipertesi, è sempre meglio consultarsi con il proprio medico o con il cardiologo, per una valutazione che tenga conto della propria storia clinica.
È difficile attribuire ad un singolo alimento, o bevanda in questo caso, un ruolo preciso nel determinare una malattia così complessa e multifattoriale come il cancro. Tuttavia, si può star tranquilli con il consumo di caffè, purché nelle dosi raccomandate, il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro (WCRF) lo ha definito un probabile fattore protettivo per il tumore dell’endometrio e del fegato.
Ma attenzione a non berlo troppo caldo! Lo IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), in un aggiornamento del 2016 sulla potenziale cancerogenicità legata al consumo di caffè, ma anche di tè, matè e bevande molto calde, ha stabilito che le alte temperature sembrano essere le responsabili dell’insorgenza di tumore dell’esofago, indipendentemente dal tipo di bevanda assunta.
Ci sono una serie di fattori che possono influenzare la risposta individuale alla caffeina, che influiscono sulla rapidità dell’assorbimento, distribuzione, metabolismo ed eliminazione di questo composto, esattamente come avviene per i farmaci.
Alcune di queste variabilità dipendono da un polimorfismo genetico, ossia una variante nell’espressione dei geni che codificano per il suo metabolismo o per i recettori che ne determinano l’assorbimento. Negli individui con uno di questi polimorfismi si osservano effetti diversi sul sistema cardiovascolare, in seguito all’esposizione alla caffeina. Alcuni studi, attraverso la determinazione delle concentrazioni di caffeina nel plasma, hanno distinto, in base alla presenza di uno specifico polimorfismo, soggetti “metabolizzatori” lenti o rapidi di caffeina.
Un altro punto importante da considerare, nella variabilità individuale alla caffeina, riguarda invece la tolleranza legata all’abitudine di consumo. Ad esempio, è stato osservato che coloro che ne fanno un consumo abituale risultano desensibilizzati agli effetti fisiologici della caffeina, come il leggero aumento pressorio.