L’interesse per la solanina e per altri glicoalcaloidi contenuti in ortaggi appartenenti alla famiglia botanica delle Solanaceae come patate, pomodori, peperoni, è aumentato in seguito ad alcune teorie che imputano a questi composti un ruolo pro-infiammatorio e quindi potenzialmente scatenante o esacerbante patologie con una base infiammatoria o, addirittura, il cancro. Niente di più fantasioso!
L’alimentazione è certamente un fattore chiave nello sviluppo delle più comuni patologie, ma è sempre sbagliato ascrivere ad un singolo alimento, o in questo caso ad una sostanza, che tra l’altro si assume in quantità minime nel quotidiano, un potere così importante. È vero, però, che i glicoalcaloidi possono provocare, a determinate concentrazioni, delle reazioni tossiche. Quindi dobbiamo preoccuparci quando mangiamo patate, peperoni e pomodori?
I glicoalcaloidi sono presenti in molte piante della famiglia delle Solanaceae e contribuiscono alla resistenza delle piante stesse contro parassiti e agenti patogeni. Nelle cultivar commerciali di patate, i principali glicoalcaloidi sono le caconine e le solanine, la melanzana contiene principalmente solamargine e solasonine, il pomodoro la tomatina e la deidrotomatina. La concentrazione dei glicoalcaloidi è maggiore nelle bucce dell’alimento e può aumentare in seguito a fattori di “stress” per la pianta o per l’alimento, come l’esposizione alla luce solare o lesioni fisiche, quali il taglio durante il raccolto o la germogliatura. Nelle patate quando la concentrazione di glicoalcaloidi è piuttosto elevata il sapore diventa amaro, anche la colorazione verde ne è un indicatore.
Nel luglio 2020 l’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, ha valutato i rischi per la salute umana e animale connessi alla presenza di glicoalcaloidi negli alimenti e nei mangimi, in particolare nelle patate e nei prodotti da esse derivati.
Nel report vengono analizzati gli studi disponibili sull’uomo ed emerge che gli effetti tossici acuti dei glicoalcaloidi della patata possono includere sintomi gastrointestinali come nausea, vomito e diarrea. Per questi disturbi, il gruppo di esperti ha identificato il livello più basso di effetti avversi osservati, pari a 1 milligrammo per chilogrammo di peso corporeo al giorno, che equivale alla dose più bassa alla quale si osservano effetti indesiderati a seguito di un’esposizione acuta. Rispetto ai dati disponibili sull’esposizione cronica, non è stata identificata alcuna prova di problemi di salute associati all'assunzione ripetuta, a lungo termine, di glicoalcaloidi attraverso le patate.
Le concentrazioni minime e massime di glicoalcaloidi nelle patate crude, riportate nelle indagini disponibili, sono state rispettivamente di 1,1 mg e 276,6 mg per kg di patate. Mentre, l'esposizione più alta osservata nella popolazione variava da 78,3 μg/kg di peso corporeo al giorno, negli adulti, a 535,1 μg/kg di peso corporeo al giorno, nei bambini.
In generale è possibile dedurre che non vi sono evidenze di pericolosità legate al consumo di patate, ad eccezione di adulti con consumi realmente elevati, più tipici delle popolazioni nordeuropee. Un’attenzione in più è da porre nei confronti dei bambini piccoli, come del resto in generale per molti altri alimenti, per i quali comunque, così come per tutti, le patate non dovrebbero essere un alimento base.
In generale, in una sana alimentazione, le patate possono essere consumate 1-2 volte alla settimana, la porzione standard per gli adulti stabilita dalla SINU è di 200 g.
Inoltre non sono da considerare un contorno, ma una valida alternativa a pasta, pane e cereali in chicco.
Come detto, non c’è ragione di preoccuparsi rispetto ad un consumo moderato di patate, tuttavia esistono alcune buone abitudini ed alcuni procedimenti, evidenziati anche da EFSA, che consentono di ridurre il quantitativo di glicoalcaloidi nelle patate:
Le patate vanno sempre conservate in un luogo fresco e asciutto, lontano da fonti di calore. È bene evitare di consumare patate vecchie, secche, verdi, fortemente germogliate o che hanno sviluppato un sapore amaro.