Con il termine “Blue Zones”, “Zone Blu”, si fa riferimento a 5 aree geografiche del pianeta:
Di queste zone si sente spesso parlare perché popolate da un numero di ultra novantenni più elevato, rispetto al resto del mondo.
Gli scienziati hanno da tempo compreso che la nostra aspettativa di vita dipende dalla genetica solo per il 25%, il restante 75% viene influenzato dallo stile di vita, ovvero il livello di stress, l’attività fisica, l’abitudine al fumo, il consumo di alcolici e la dieta.
Come abbiamo visto anche in altri articoli del sito e di questa rubrica, l’aspettativa di vita negli ultimi anni è molto aumentata in tutto il mondo. Nel nostro paese, per esempio, la speranza di vita nei primi del 1900 si attestava intorno ad un valore di poco superiore ai 40 anni; ad oggi, invece, è una delle più alte del mondo vedendo le donne raggiungere una media di 84,8 anni e gli uomini di 80,5. Spesso, però, questa aumentata aspettativa di vita non è libera da problematiche di salute, in primis le malattie croniche (patologie cardiovascolari, diabete di tipo 2, tumori, malattie neurologiche etc.) il cui rischio aumenta proprio con il passare degli anni.
Al contrario, gli scienziati, già a partire dagli anni 50 del novecento, hanno individuato delle aree nel mondo (in seguito denominate Blue Zones) dove, non solo gli individui erano estremamente longevi, ma arrivavano ad una veneranda età in uno stato fisico migliore di quello della media globale. Sebbene si ipotizzi che la componente genetica di queste popolazioni possa influenzarne la longevità, gli scienziati ritengono che sia il loro stile di vita ad incidere maggiormente.
Nei prossimi paragrafi vedremo gli stili di vita comuni a queste popolazioni e come l’alimentazione giochi un ruolo chiave nel consentire il raggiungimento di una vecchiaia lunga e in salute.
Alcune delle 5 Blue Zones sono state oggetto di veri e propri studi scientifici.
Basti pensare, innanzitutto, ad Ancel Benjamin Keys che, oltre a definire il concetto di “Dieta Mediterranea”, durante il suo studio prototipo dell’epidemiologia cardiovascolare, conosciuto come “Seven Countries Study”, analizzò anche le popolazioni giapponesi e, in particolare, gli abitanti dell’isola di Okinawa. Dal suo studio emerse che questi individui avevano un rischio minore di incorrere in malattie cardiovascolari e morire di eventi ad essi correlati.
Dal 1960, gli scienziati dell’Università di Loma Linda stanno, invece, svolgendo ricerche su un’altra delle popolazioni più longeve al mondo: i vegetariani della comunità avventista del settimo giorno di Loma Linda, in California. I vari studi, ancora in corso, al fine di trovare una relazione tra abitudini alimentari, stile di vita e longevità, hanno dimostrato che la durata media della vita di queste persone è di circa 5 anni più lunga rispetto agli altri californiani, mostrando una riduzione del 30% dell’incidenza di tumori e una diminuzione del 18% del rischio di patologie cardiovascolari. Ad oggi, nel complesso, è stato dimostrato che non fumare, seguire una dieta a base vegetale, consumare frutta a guscio non salata più volte alla settimana, bere circa 2-2,5 litri d’acqua al giorno, fare attività fisica regolare e mantenere un peso corporeo sano porta ad aumentare di circa 10 anni la durata della vita di queste persone.
Lo stile di vita delle comunità che si trovano nelle Blue Zones è molto diverso da quello delle persone medie, specialmente quelle che abitano nelle grandi città.
Le caratteristiche essenziali che le accomunano sono elencate a seguire.
Fin dai primi anni del 1900 la scienza indaga il legame esistente tra riduzione dell’introito calorico, salute, invecchiamento e speranza di vita. In modelli animali, studi condotti da oltre 70 anni, hanno dimostrato che la restrizione calorica, ovvero una riduzione dal 20 al 40% delle calorie, rispetto all’introito abituale, porta ad un allungamento della vita e ad una minore incidenza di malattie croniche. Sfortunatamente gli stessi risultati non si sono mai riprodotti sugli esseri umani, anzi, quando protratta per lunghi periodi, la restrizione calorica provoca effetti negativi sulla salute degli individui. Tuttavia, anche se le ricerche sono ancora in corso, sembrerebbe che altre tipologie di restrizioni dietetiche potrebbero contribuire a mantenere un buono stato di salute, consentendo anche di migliorare l’aspettativa di vita. Non mangiare eccessivamente, quindi alzarsi da tavola senza sentirsi completamente pieni, e cercare di non cenare troppo tardi sembrano delle strategie vincenti da associare ad una dieta sana sul modello di quella mediterranea tradizionale.
Se nelle Blue Zones indubbiamente non si esagera con l’introito calorico, l’elemento chiave che accomuna tutte queste aree è soprattutto la tipologia di dieta seguita, la quale rispetta tutte le raccomandazioni sulla sana alimentazione date dalle varie istituzioni nazionali ed internazionali, ovviamente declinate alle caratteristiche geografiche, ambientali e culturali locali.
Alla luce di queste osservazioni, possiamo concludere che dieta e stile di vita caratteristiche delle Blue Zones coincidono sostanzialmente con le raccomandazioni oncologiche, di prevenzione cardiovascolare, quelle per il mantenimento di un peso corretto e di un buono stato di salute generale. Come detto molte altre volte, queste stesse raccomandazioni rispecchiano le linee guida della dieta mediterranea tradizionale, che si possono mettere facilmente in pratica consultando la grafica del Piatto Smart.
Certamente, in molte aree del mondo dove l’inquinamento è superiore, come anche lo stress, non è possibile riprodurre esattamente le condizioni ideali delle Blue Zones, tuttavia tutti possiamo impegnarci per seguire un’alimentazione sana, come quella descritta, non fumare, evitare il consumo di alcolici ed essere fisicamente attivi.
In questo modo sarà possibile aumentare la probabilità di raggiungere una vecchiaia longeva ed in salute, come quella che caratterizza le popolazioni che vivono nelle Blue Zones.