‘Alimentazione complementare’ è la definizione più appropriata da utilizzare quando ci si riferisce al periodo in cui si introducono altri cibi liquidi e solidi nell’alimentazione dei lattanti. Complementare perché il cibo completa, senza sostituire, l’alimentazione a base di latte materno o artificiale che rimane ancora per diversi mesi l’alimento principale. ‘Svezzamento’ è il termine certamente più diffuso, ma in realtà meno appropriato a definire questo momento in cui al bambino non si “toglie il vizio” del seno o del biberon, ma viene indicata la strada della conoscenza del cibo, dettata da nuove scoperte, nuovi sapori, colori, consistenze, odori. Se per il bambino lo svezzamento è vissuto con forte curiosità e divertimento, per i genitori è un momento che si carica di dubbi e ansie rispetto a cosa è più appropriato proporre e a come farlo in sicurezza, spesso anche a causa delle numerose informazioni sull’argomento, non sempre in accordo tra loro.
Rispetto al passato, in cui lo svezzamento era messo in pratica secondo rigide tempistiche di introduzione degli alimenti, oggi si è compreso che queste tabelle che indicano in quale mese introdurre, ad esempio, il pesce o l’uovo, non trovano alcun fondamento scientifico e, anzi, si è visto che non ritardare l’introduzione degli alimenti potenzialmente allergizzanti potrebbe contribuire a ridurre il rischio di allergie. Altra grande novità, secondo lo svezzamento moderno, è il momento in cui iniziare, che non si basa sull’età anagrafica del bambino ma sull’acquisizione di alcune sue competenze motorie, come ad esempio la capacità di stare seduto. Un cambio di passo notevole rispetto al passato quindi, in cui il bambino, con le sue competenze ed il suo interesse nei confronti del cibo, viene messo al centro di questo percorso.
Nei primi mesi di vita del bambino il latte materno svolge un ruolo fondamentale ed è definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) “alimento ideale per una crescita sana e parte integrante del processo riproduttivo”. Il latte materno non contiene solo fattori nutritivi come proteine, grassi e oligosaccaridi, ma anche componenti funzionali: cellule immunitarie, ormoni e flora batterica, rappresentando un vero e proprio sistema biologico. Proprio per questo, nonostante l’impegno volto a migliorare il latte in formula, non risulta ancora possibile raggiungere una composizione identica a quella del latte materno. Tuttavia il latte in formula è in grado di soddisfare efficacemente le esigenze nutrizionali del bambino.
Ad un certo punto del suo sviluppo accade che il lattante, che sia alimentato indifferentemente con latte materno o artificiale, maturi delle nuove esigenze nutrizionali e abbia un maggiore bisogno di alcuni nutrienti come il ferro e lo zinco. Attenzione, non è il latte a diventare scarso di nutrienti, ma sono i fabbisogni del bambino che crescono! Intorno ai 6 mesi di vita, infatti, aumentano le sue capacità motorie e intellettive, incrementando di conseguenza le necessita di ferro, zinco, vitamine, come la A e la D, proteine ed energia, tutti nutrienti essenziali per la sua crescita e il suo sviluppo.
Esistono due indicazioni importanti rispetto a quando iniziare lo svezzamento, una dell’OMS e una dell’ESPGHAN, la Società Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica.
La raccomandazione dell’OMS è basata sulla considerazione della durata ottimale dell’allattamento al seno esclusivo, pertanto, si raccomanda di proseguire solamente con il latte materno fino ai 6 mesi circa, età in cui iniziare ad introdurre cibi solidi in maniera complementare all’allattamento.
La raccomandazione dell’ESPGHAN è quella di iniziare lo svezzamento tra i 4 e i 6 mesi. Le funzioni gastrointestinali e renali del bambino, infatti, sono sufficientemente mature intorno ai 4 mesi per processare alcuni alimenti. Per questo motivo è bene non iniziare prima di tale epoca, l’ESPGHAN raccomanda di non iniziare lo svezzamento prima delle 17 settimane. D’altro canto è bene non ritardare questo momento troppo oltre le 26 settimane, circa 6 mesi appunto.
Oltre alle raccomandazioni delle istituzioni bisogna guardare alle competenze del bambino. Non ha infatti senso introdurre degli assaggi o addirittura dei pasti allo scoccare, ad esempio, del 6° mese, se il bambino non è pronto. Alcuni bambini sviluppano interesse per il cibo e competenze motorie adeguate a riceverlo intorno ai 5 mesi, altri a 6, per questo il momento dello svezzamento non può essere uguale per tutti.
I principali segnali che ci dicono se un bambino è pronto per lo svezzamento sono i seguenti:
Non da ultimo, bisogna considerare l’interesse e la curiosità che mostra nei confronti del cibo. Se lo si fa partecipare ai pasti della famiglia, non sarà difficile capire quando matura questo interesse: la manina sarà già nel piatto della mamma o del papà. Diversamente, può accadere che un bambino sia fisicamente pronto ma si senta a disagio con il cibo e non mostri alcun interesse, in questo caso è bene aspettare qualche giorno prima di riprovare.
Se vengono considerati con attenzione tutti questi aspetti, e quindi il bambino viene messo al centro di questo percorso di conoscenza del cibo, il tutto avverrà in un clima di serenità e naturalezza.
Il periodo individuato dall’ESPGHAN dei 4-6 mesi è definito “finestra tollerogenica” in quanto le evidenze scientifiche suggeriscono che l’introduzione dei cibi solidi durante tale intervallo temporale consenta una maggiore tolleranza immunologica, riducendo il rischio di allergie alimentari. Evitare o ritardare l’introduzione di cibi potenzialmente allergenici come il pesce e le uova, non ha mostrato convincentemente di ridurre il rischio di sviluppo di allergie, anche nei bambini considerati a rischio. Per questo i vecchi schemi e tabelle di svezzamento che suggerivano un’introduzione differenziata degli alimenti allergizzanti, in base ai mesi di vita del bambino (es.: pesce non prima degli 8 mesi, uovo non prima dei 9 mesi), non hanno alcun senso e soprattutto nessun fondamento scientifico. È bene sottolineare che questa raccomandazione non dà il via libera all’introduzione nello stesso momento di tutti gli alimenti allergizzanti, che comunque dovrebbero essere introdotti uno per volta per rilevare eventuali reazioni ai singoli componenti. Si può, ad esempio, introdurre il pesce in una determinata settimana e monitorare, l’uovo dopo alcuni giorni, o la settimana successiva, e monitorare.
Anche per il glutine vale la stessa raccomandazione di introdurlo all’interno della finestra temporale dei 4-6 mesi. L’ESPGHAN sottolinea che per il glutine è fortemente sconsigliata sia un’introduzione precoce prima dei 4 mesi, sia ritardata a 7 mesi o oltre. È noto che il rischio di sviluppare celiachia dipenda da fattori genetici, immunologici e ambientali, tuttavia, diversi studi osservazionali hanno rilevato che l’introduzione graduale del glutine durante l’allattamento al seno possa contribuire a ridurre il rischio di celiachia.
Purché abbia consistenza, forma e dimensione adeguate alle capacità masticatorie del bambino e sia quindi proposto in sicurezza, qualsiasi cibo che mangia la famiglia va bene, non è strettamente necessario ricorrere al baby food (omogeneizzati e simili), che non rappresentano né un bene né un male ma una scelta personale. Ovviamente l’alimentazione della famiglia deve essere già sana, varia ed equilibrata; se non lo è, il momento dello svezzamento del bambino è l’occasione giusta per correggere le proprie abitudini.
In passato, ma spesso ancora oggi, veniva consigliato di iniziare lo svezzamento con la frutta, frullata o omogeneizzata. Di per sé non è sbagliato se si tratta di assaggi e primi approcci al cibo, è importante, però, che inizialmente la frutta non sostituisca una poppata. Si può quindi proporre ma, nelle prime fasi, sempre insieme al latte, offerta prima o dopo. La frutta è certamente un alimento sano ma ha poche calorie e quasi nulla in termini di grassi e proteine: un pasto a base di sola frutta non sarebbe sufficientemente nutriente per un lattante che fino al giorno prima avrebbe consumato un pasto costituito esclusivamente da latte. Più avanti nei mesi potrà poi rappresentare da sola lo spuntino di metà mattina o, insieme a yogurt o altro, la merenda del pomeriggio.
In generale, quando si vuole iniziare a proporre un pasto in sostituzione di una poppata di latte, è bene che questo sia completo e che fornisca, in particolare, quei nutrienti di cui aumentano i fabbisogni, come il ferro e lo zinco.
Il modello di composizione del pasto può ispirarsi al piatto sano, ma, nel caso di un lattante, con qualche variazione. Devono essere sempre presenti una quota di cereali, una fonte proteica, una di grassi buoni, principalmente olio extravergine d’oliva, e una piccola quota di verdure. Con l’introduzione dei primi cibi solidi si può proporre anche dell’acqua, utilizzando una tazza con i manici.
Rispetto alla proporzione tra cereali, proteine, grassi e verdure, nel piatto sano in svezzamento dobbiamo immaginare metà del piatto coperta dei cereali e nell’altra metà uno spicchio dedicato alle proteine, uno un po’ più piccolo di verdura, i grassi buoni rappresentano poi un piccolo condimento. Completano il piatto erbe aromatiche e spezie, in base alle abitudini e ai gusti della famiglia. La frutta, invece, può essere proposta durante gli spuntini, dopo che è stato introdotto il pranzo, inizialmente insieme al latte materno o in formula, poi da sola al mattino e insieme a yogurt o cereali al pomeriggio.
La quota dei cereali del bambino in svezzamento può essere inizialmente coperta da creme di cereali, da semolino, polenta morbida, patate schiacciate, per poi iniziare ad introdurre anche cereali in chicco come quinoa e riso e la pastina o la pasta di formati adeguati. Meglio aspettare il raggiungimento dell’anno di età per introdurre i cereali integrali, momento in cui il sistema gastrointestinale dei piccoli è maggiormente in grado di gestire una certa quota di fibra.
Le fonti proteiche, seppur rappresentino una piccola parte a quelle di cereali, andrebbero variate ad ogni pasto, un po’ come per l’adulto. In generale si può proporre:
Le verdure in piccole quantità, per il primo anno di vita, possono essere proposte di tutte le tipologie, iniziando da quelle cotte e frullate o schiacciate, secondo la stagionalità e variandole molto tra i pasti. Non è necessario preparare il famoso brodo di verdure e poi proporle passate, possono essere lessate, cotte al vapore, oppure cotte insieme al cereale o alla proteina o ad entrambe.
Per quanto riguarda le porzioni, bisogna dire che queste dovrebbero rappresentare perlopiù un’indicazione per i genitori a non preparare pasti eccessivi. Si ritiene, infatti, che i bambini abbiano una capacità innata di autoregolarsi e, se messi nelle condizioni di esercitarla, sono in grado di mangiare a sazietà. Per completezza d’informazione e solamente a scopo orientativo, riportiamo di seguito le porzioni indicate dal CREA nelle Linee guida per una sana alimentazione:
| dai 6 ai 12 mesi | Dopo i 12 mesi |
Creme di cereali, pastina, semolino, riso | 20 g | 25 g |
Carne fresca | 15 g | 30 g |
Pesce fresco | 20 g | 30 g |
Legumi secchi | 10 g | 15 g |
Legumi freschi o surgelati | 25 g | 40 g |
Formaggio fresco | 15 g | 30 g |
Uova | ½ | 1 |
Olio extravergine d’oliva | 1 cucchiaino | 2 cucchiaini |
Rispetto al come proporre gli alimenti, è possibile iniziare con consistenze morbide e cremose per poi aumentare pian piano le consistenze ed avvicinarsi al cibo in pezzi. Tutto sempre in base alle competenze del bambino, se questo mostra interesse nei confronti dei cibi più solidi e ha buone capacità masticatorie, si può proporre anche del cibo tagliato a bastoncini o stick. A 6-7 mesi i bambini sono capaci di afferrare uno stick, stringendolo all’interno del palmo, e di mangiare la parte che emerge in alto e in basso. Alimenti che si prestano bene ad essere preparati in stick sono sicuramente le verdure cotte al vapore che rimangono al dente ma comunque morbide (se troppo cotti si scioglierebbero alla presa) come i broccoli, la zucca, le zucchine.
Verso i 9 mesi, quando sviluppano la presa a pinza utilizzando pollice e indice per afferrare il cibo, si possono proporre piccoli pezzetti, come quadratini.
Nel proporre il cibo bisogna sempre ricordarsi di fare attenzione a consistenza, forma e dimensione. Per quanto riguarda la forma, quella tondeggiante (come ciliegie e uva) e quella cilindrica (come le carote e i wurstel) sono le più pericolose poiché queste tipologie di alimenti, se aspirati, possono ostruire le vie aeree. Presentano un rischio anche gli alimenti duri o secchi (come la frutta secca), quelli fibrosi (come sedano e finocchio), quelli troppo scivolosi o appiccicosi. Per proporre questi alimenti è essenziale prepararli in modo tale da minimizzare il rischio di soffocamento, adottando tagli sicuri, ad esempio tagliando in spicchi un alimento tondeggiante, o sminuzzando o grattugiando un alimento duro.
Per saperne di più sull’argomento suggeriamo un’attenta lettura del documento del Ministero della Salute “Linee di indirizzo per la prevenzione del soffocamento da cibo in età pediatrica” e del documento divulgativo della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale: “La sicurezza a tavola”.
Inoltre, sarebbe bene che chi si occupa dell’alimentazione del bambino, genitori, nonni, educatori, abbia seguito un corso in cui vengono spiegate e, soprattutto, provate sui manichini, le manovre di disostruzione in età pediatrica.
Al contrario di ciò che si può immaginare, se il cibo viene proposto in maniera sicura, sono pochi i divieti durante lo svezzamento e riguardano: il miele, i funghi, l’alcol, il latte vaccino, il sale e gli zuccheri.
Con il miele si pone un problema di sicurezza alimentare, questo può infatti essere contaminato da spore di Clostridium Botulinum e comportare nei lattanti il rischio di intossicazione da tossina botulinica. Il miele non dovrebbe essere introdotto prima dei 12 mesi, in quanto il sistema gastrointestinale dei piccoli non è in grado di contrastare adeguatamente le spore botuliniche, al contrario degli adulti.
Il Ministero della Salute sconsiglia l’assunzione di funghi, sia raccolti sia coltivati, fino ai 12 anni. Sembra una linea un po’ rigida ma anche piccole quantità potrebbero essere dannose per i bambini, che non hanno un sistema enzimatico sufficientemente maturo per tollerare alcune sostanze presenti nei funghi.
L’alcol è una sostanza tossica per l’organismo umano e anche se ne viene utilizzato poco per sfumare alcune preparazioni alimentari come il risotto, non evapora mai completamente, dunque, per i bambini è meglio non utilizzarlo in cucina.
Al contrario dell’alcol, piccole quantità di latte vaccino possono essere utilizzate nelle preparazioni come il purè. Il divieto riguarda l’utilizzo del latte come bevanda, ossia come sostituto del latte materno, prima dei 12 mesi. La composizione nutrizionale del latte vaccino rispetto a quello materno è molto differente, ha troppe più proteine e grassi saturi e poco ferro. Dopo l’anno può essere utilizzato come alimento tal quale o nelle preparazioni ma mai in sostituzione del latte materno o in formula.
Durante lo svezzamento i bambini vivono un’intensa fase di apprendimento dei sapori. Se si abituano già in questo momento a percepire il sapore autentico degli alimenti, tenderanno ad accettarli volentieri anche da grandi e a preferirli, costruendo le basi di una sana alimentazione. Per questo è meglio non aggiungere sale alle preparazioni ed evitare lo zucchero aggiunto o quello già presente in alcuni prodotti alimentari.
Inoltre, l’eccesso di sale e di zuccheri non è benefico per la salute, né dell’adulto né tantomeno del bambino.
Per saperne di più leggi anche gli approfondimenti:
Il sale: amico o nemico della nostra salute? Lo zucchero: amico o nemico della nostra salute?